Indi Gregory è morta, il papà: «Le hanno tolto la vita e la dignità, io e mia moglie siamo pieni di vergogna». Meloni: abbiamo fatto il massimo, non è bastato

Lunedì 13 Novembre 2023, 06:43 - Ultimo aggiornamento: 09:14

La cittadinanza italiana

Dal fronte italiano si sono fatti sentire gli attivisti che hanno appoggiato e promosso strenuamente la battaglia della famiglia - assieme a un team di avvocati e ad associazioni pro life cristiane inglesi - in favore di un prolungamento dell'assistenza e poi dell'opzione del trasferimento al Bambino Gesù messa disposizione un paio di settimane fa dall'ospedale pediatrico romano come in altre situazioni analoghe precedenti.

Ma pure esponenti della maggioranza di Giorgia Meloni, impegnatasi personalmente negli ultimi giorni per assicurare la concessione lampo della cittadinanza italiana a Indi (come fatto invano 5 anni fa anche per Alfie dalla compagine di Paolo Gentiloni) e tentare poi tutta una serie di passi successivi.

Fino all'appello senza precedenti al ministro della Giustizia della governo Tory di Rishi Sunak, Alex Chalk, a "sensibilizzare" la magistratura per provare a indurla a cedere la giurisdizione sul dossier all'Italia, sulla base d'un'interpretazione ampia della Convenzione dell'Aia del '96 in materia di cooperazione giudiziaria internazionale.

Interpretazione che i tre giudici della Corte d'Appello di Londra, protagonisti ieri del verdetto di ultima istanza. hanno rigettato d'altronde in toni perentori. Da un lato liquidando "la tattica legale" dei Gregory come frutto di "una manipolazione" degli attivisti; dall'altro denunciando - nel dispositivo del giudice relatore Peter Jackson - "l'intervento delle autorità italiane" alla stregua di "un fraintendimento totale dello spirito della Convenzione dell'Aia". E in ogni modo avallando "le forti evidenze" a sostegno della prognosi dei medici di Nottingham, legata a un'assenza ormai definitiva di "interazioni" da parte di Indi e ai segnali di una sua "significativa sofferenza" causata dai trattamenti "invasivi".

Parole che i genitori della bambina hanno continuato a contestare sino in fondo, dicendosi "disgustati" e bollando il no al loro estremo ricorso come "un ultimo calcio sui denti". E che secondo Jacopo Coghe, di Pro Vita & Famiglia onlus, celerebbero in realtà "parametri sulla dignità della vita totalmente eutanasici".

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