Fiume-Rijeka, tutte le curiosità della Capitale Europea della Cultura 2020 e dei suoi dintorni

Fiume-Rijeka, tutte le curiosità della Capitale Europea della Cultura 2020 e dei suoi dintorni

di Sabrina Quartieri
Deve il suo nome all’antico corso d’acqua “Rječina”, che sta per Fiumara, un tempo confine tra i due Regni d’Italia e di Jugoslavia: sorta su questo canale e affacciata sul mare, la croata Rijeka - che noi conosciamo come Fiume - è dominata da un porto che ha vissuto ascese e cadute, di pari passo con i momenti di gloria e di sconfitta di una magnetica città fluida che, nel 2020, sarà Capitale Europea della Cultura. Camminare oggi sulla linea rossa che ricorda, a distanza di quasi un secolo, la fine e l’inizio di due territori che si dividevano questa località tra le due guerre mondiali, fa compiere un salto indietro nel tempo, in un passato a tratti burrascoso. La mappa storica del luogo è ricca infatti di dettagli contraddittori, controversi e bizzarri: pur avendo vissuto l’influenza politica di monarchia, fascismo e socialismo, Fiume ha sempre preservato uno spirito multinazionale, multireligioso e multiculturale. Come anche la sua libertà, la tolleranza e l’apertura, caratteristiche tipiche di un centro dominato da un porto. Così, in una società odierna contraddistinta da una maggiore mobilità e da un nomadismo fisico e intellettuale, Rijeka si mostra aperta con fiducia alle sfide che attendono la Croazia e l’Europa intera.
 
 


Se si volesse attribuire un significato contemporaneo allo storico scalo marittimo di Fiume, il ruolo giocato è stato simile a quello di internet oggi: un fulcro globale di informazioni in grado di modellare significativamente il suo spirito. Perché se nel corso dei secoli da lì molte persone si sono trasferite lontano, quello stesso luogo di partenze è stato anche l’approdo di tanti marinai “delegati” degli scambi culturali, addetti a riportare a casa le loro conoscenze nuove, come la musica sul vinile, ad esempio, o gli ultimi trend della moda. Per l’appuntamento del prossimo anno, la città croata sceglie quindi di accendere i riflettori su tre tematiche che guardano al suo passato, ma ancora di più al suo futuro: sono l’acqua, il lavoro e le migrazioni. Concetti che, insieme a quello di porto, rappresentano da sempre il suo sistema narrativo e i suoi valori, che sono poi i temi fondanti dell’Unione europea, a partire dal rispetto delle diversità e dal dialogo aperto. L’anno da Capitale Europea della Cultura si aprirà ufficialmente con il Carnevale internazionale, una kermesse che richiama, per ogni edizione, oltre 50mila partecipanti. La località è in fermento, e mentre si prepara a questo grande momento, con un ricco calendario di eventi e nuovi spazi urbani per stimolare dibattiti, creatività e sperimentazioni (qui il programma completo), Rijeka rapisce e affascina i visitatori con il suo “Fiume” di curiosità.  
 
 
A pochi passi dal ponte dove si trovava l’antico porto cittadino, si staglia in tutta la sua decadente maestosità la nave appartenuta a Josip Broz Tito, il leader della Jugoslavia socialista. Il “Galeb” (Gabbiano in italiano), da anni in stato di abbandono, presto però tornerà in auge: grazie a un importante intervento di restauro, l’imbarcazione, entro la fine del 2020, verrà infatti trasformata in un interessante museo galleggiante dedicato alla vita del maresciallo e alla lunga storia della sua ammiraglia, iniziata nel 1938 a Genova, quando da mercantile trasportava le banane dall’Africa. Modificato successivamente per essere una nave da guerra, usato come posamine dai nazisti, bombardato poi dagli Alleati e affondato, il “Galeb” viene in seguito recuperato, per diventare il panfilo del Presidente della Jugoslavia: fu lui il luogo simbolo di molte delle sue decisioni politiche e visite di Stato (celebre fu la risalita del Tamigi per incontrare Winston Churchill) e uno dei “salotti” più iconici del jet set internazionale, con tanti ospiti saliti a bordo, dal regista Orson Welles alle attrici Liz Taylor, Gina Lollobrigida e Sophia Loren.

 
Proseguendo verso il porto, si raggiunge un luogo che, forse più di altri, racconta lo spirito di Fiume: è il Terminal numero sette, da cui sono partiti, tra fine ‘800 e i primi del ‘900, circa 400mila europei verso Ellis Island, nel Golfo di New York. Come il celebre fisico Nikola Tesla, l’attore Johnny Weissmuller (conosciuto per aver interpretato Tarzan), la famiglia Austerlitz (la stessa del ballerino Fred Astaire, suo nome d’arte) e Julia Zavacky, una signora della Slovacchia che, prima di salpare per l’America, si era messa a pulire le case di Fiume, perché non aveva abbastanza soldi per raggiungere suo marito, già oltreoceano a Pittsburgh. Era la madre di Andy Warhol. La rotta degli immigrati verso quella che veniva considerata la “porta” del Nuovo Mondo, a Fiume si ricorda anche per una vicenda in particolare: il 15 aprile 1912, il transatlantico britannico “Carpathia” che da New York si dirigeva proprio verso la città croata, soccorre il Titanic e salva i superstiti. A raccontare questo episodio oggi nel Museo di Arte Moderna e Contemporanea è un salvagente che non è andato perduto durante il naufragio, l’unico tra i cinque ancora esistenti conservato in Europa.


Lo spazio espositivo è importante anche per un altro fatto storico, che precede il Trattato di Rapallo del 1920 quando Fiume diventa “Stato libero”. Ovvero, la Marcia sulla città condotta nel 1919 dallo scrittore Gabriele D’Annunzio e dal suo esercito, con la successiva annessione al Regno d’Italia. Fu proprio questo il palazzo scelto dal patriota come sua dimora: qui, nel suo unico anno di permanenza, il poeta diede molte feste per politici e artisti amici, da Costanzo Ciano al padre del Futurismo Tommaso Marinetti, che D’Annunzio intratteneva in compagnia dell’attrice teatrale Eleonora Duse. Usciti dal museo, si entra in uno dei tunnel sotterranei costruiti dagli italiani alla fine degli anni Trenta: è l’unico aperto al pubblico (in totale si contano 20 chilometri di sotterranei, usati dai civili durante la Guerra dei Balcani per ripararsi). Fiume nel 1924 viene annessa all’Italia da Benito Mussolini e in città si può vedere il balcone da cui si affacciò il dittatore fascista per parlare alla popolazione: è quello dell’ex Teatro Giuseppe Verdi, dove oggi si alternano opere del dramma italiano e croato. All’interno delle sue mura, inoltre, si conservano le prime creazioni dei fratelli Klimt. Del passato legato al Belpaese, nella città che diventa parte della Jugoslava nel 1947 e, dopo la dissoluzione di quest'ultima, della Croazia nel 1991, restano gli edifici storici, ma anche le voci nella nostra lingua che si sentono in giro per le strade o nei bar.


Come quelle di Lora, dell’isola di Veglia, e Matea, di Spalato, due studentesse 24enni della Facoltà di Medicina, con un’esperienza fatta a Trieste e a Roma in Erasmus: «Vorremmo andare a vivere in Italia per un po’ – raccontano le due ragazze – perché amiamo la sua storia e la sua gente, così accogliente». A Fiume, di presenze italiane ci sono poi l’emittente Radio Rijeka, che mantiene una redazione con programmi nel nostro idioma; la sede di Edit, con il quotidiano La Voce, il bisettimanale Panorama e alcuni libri di testo; le quattro elementari, più una scuola media superiore, e settemila membri della comunità che viene dallo Stivale (su 123mila abitanti). Tra antiche porte di accesso cittadino, case “turche” in stile neobizantino decorate con i versi del Corano e affascinanti castrum romani usati come basi militari per difendersi dai barbari, è impossibile non notare i curiosi e nuovi odonimi del centro, che mostrano tutti i nomi (quindi anche quelli italiani) dati alle strade nel corso dei secoli. È un modo per recuperare la memoria storica di una città che, solo nel corso del XX secolo e in meno di cento anni, ha fatto parte di sei stati differenti. Salendo invece fino alla Fortezza romana del secondo secolo, di cui rimane solo la torre, si raggiunge invece un punto panoramico imperdibile: l'affaccio è su una tranquilla baia puntellata di isole magnetiche e di località costiere dal fascino Belle Époque.
 
  
Come la signorile e sofisticata Abbazia (Opatija in lingua croata), un luogo di villeggiatura chic ma semplice, poco distane da Fiume e molto in voga d’estate per il mare blu delle sue insenature, l’elegante lungomare e i romantici parchi circondati da sontuose ville del periodo austroungarico. Tradizionalmente legata alla talassoterapia, questa raffinata località inizia ad attrarre facoltosi turisti già a metà Ottocento, quando un signore della zona, Iginio Scarpa, costruisce in quello che all’epoca era un villaggio di pescatori con un’abbazia benedettina del 1400, la splendida Villa Angiolina. Il palazzo che porta il nome della moglie e che, ancora oggi, è circondato da piante esotiche da tutto il mondo, fu scelto come residenza di vacanza dalla moglie dell’Imperatore d’Austria Ferdinando I, Maria Anna di Savoia. La sua permanenza ad Abbazia diede il via a un’epoca gloriosa, perché la rese definitivamente un’ambita destinazione di mare per aristocratici e reali, complici anche l’arrivo della ferrovia che la collegava con Vienna e le oltre 70 cliniche per curarsi al mare. Per rivivere le affascinanti atmosfere del periodo Belle Époque di Opatija, la struttura più iconica in cui soggiornare è il “Remisens Premium Hotel Kvarner”. Quello che vanta il titolo di “primo albergo costruito nell’Adriatico”, dispone di una maestosa terrazza, di una tranquilla caletta dove regalarsi dei bagni da sogno, di una sfarzosa sala dei cristalli e di stanze vista mare dagli arredi di classe.


Uscendo da questo microcosmo glamour dal sapore d'antan, mentre si cammina e ci si guarda intorno, si ha la sensazione di leggere, pagina dopo pagina, il “Libro d’oro” di Opatija, che contiene i nomi degli ospiti più illustri che hanno soggiornato in città. Lungo la strada, infatti, si incontrano: “Villa Amalia”, un tempo residenza dei Savoia (ma ha dormito qui anche James Joyce); il Parco Angiolina, un giardino con cipressi del Nepal, camelie dell’Estremo Oriente, una sequoia della California e un Ginkgo Biloba della Cina, che ospita anche un insolito murales con i volti dei personaggi più noti che hanno scelto Abbazia per una vacanza. Come i fratelli Lumière, gli inventori del cinematografo, o anche Leo Henryk Sternbach, il chimico che ha scoperto il Valium (al ristorante in centro “My food” una targa ricorda che dove oggi ci sono tavolini e sedie, in passato c’era la sua casa d’infanzia). E se ad Abbazia non mancano le pasticcerie in stile caffè viennese (il “Mileny Choco World” ospita anche un museo del cioccolato), il pranzo glamour da non perdere è allo “Yacht club”. La cena (con pernottamento da sogno in una delle sue 12 stanze) è invece al “Bevanda”: tra prelibati piatti di pesce e vini d’eccellenza della sua cantina, questo ristorante sul mare vanta una posizione unica con vista su Fiume e sulle placide isole di Cherso e Veglia.
 

Ospitate nel Golfo del Quarnaro, sono proprio loro le mete da raggiungere in Croazia per chi ama le tradizioni locali, il mare pulito e l’outdoor: se Cherso (Cres in croato) è più selvaggia, con diversi angoli nascosti per farsi il bagno in un mare cristallino e rilassarsi sulle spiagge di ghiaia, Veglia (o Krk) si compone di diversi centri urbanizzati, pur mantenendo tutta la sua autenticità. A partire da ora, si può andare alla scoperta di questa seconda isola percorrendo la pista ciclabile da Malinska a Punat lunga 13 chilometri. Grande novità infatti è il servizio di e-bike disponibile fino a ottobre, con otto stazioni di ricarica e dieci biciclette ciascuna, noleggiabili con l’app “Go 2 bike” (il costo è poco meno di tre euro l’ora). Ancora: nella cittadina di Veglia vale la pena fare una passeggiata lungo le mura del castello dei Frangipane, un punto panoramico con vista mozzafiato; appena fuori dal centro abitato, si può invece provare un’esperienza culinaria molto interessante alla taverna Žužić di Vrh, tra prosciutti di produzione locale (è squisito il patè), salsicce, pancetta o piatti tipici, come la pasta fatta in casa (Šurlice in croato), la frittata con gli asparagi selvatici o la carne preparata sotto una campana di ferro ricoperta di cera. Un’altra tappa curiosa è alla cantina “Nada” a Vrbnik, dove si preparano grappe di fichi e erbe aromatiche e, utilizzando botti della Slavonia, si produce il vino bianco locale “Vrbnička žlahtina”.


Nella konoba dei proprietari, una taverna tipica del posto, si propone una degustazione a dieci euro, con calici, prosciutto e pecorino locali. Ma la cantina è famosa anche per il “Valomet”, uno spumante con la seconda fermentazione fatta in mare, in assenza di luce e aria, e con la temperatura stabile a 11 gradi. Le bottiglie si riconoscono per le conchiglie sulla superficie e per il prezzo, 150 euro ciascuna. Da Veglia si torna sulla terraferma percorrendo un ponte o si va a Cherso in traghetto che, in meno di mezz’ora, conduce sull’isola famosa per la sua carne d’agnello di alta qualità. Lo sanno bene gli italiani, clienti fissi del ristorante “Bukaleta” (in località Loznati). Qui, tra centinaia di brocche di ceramica, ordinare il tris alla griglia, al forno e fritto della carne di pecora è un “must”. Le spiagge incontaminate (di ghiaia), il caratteristico centro di Cherso, i panorami da cartolina e i trekking fino al millenario borgo di Beli, con le sue 40 anime e le case arroccate, rendono l’isola un paradiso in terra per gli amanti degli scenari selvaggi, della natura e del relax. Ma anche per gli appassionati di ornitologia, perché a Beli si trova un insolito ospedale per i grifoni autoctoni. Durante la vacanza, quindi, ogni tanto conviene puntare gli occhi al cielo: osservare questi maestosi uccelli in volo sull’isola di Cherso, con la loro apertura alare fino a 2,80 metri, è un’esperienza indimenticabile.
 
Ultimo aggiornamento: Lunedì 9 Settembre 2019, 12:51
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