Esselunga, il creatore dello spot della pesca: «Mi hanno detto che è meglio di una serie Netflix, qualcuno gli ha dato una lettura troppo profonda»

«Abbiamo ricevuto decine di messaggi di persone ormai adulte che ci hanno detto: “Io facevo la stessa cosa, mi sono rivisto in quella bambina”, quindi pensiamo di aver raccontato una storia verosimile»

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di Redazione Web

La pubblicità dell'Esselunga con la bambina che acquista la pesca nella speranza di far riavvicinare i suoi genitori divorziati ha causato un'ondata di polemiche sui social e una serie di speculazioni su che cosa effettivamente volesse dire e rappresentare. Si tratta effettivamente di una famiglia "tradizionale"? In tal caso, si sta affermando forse che la famiglia tradizionale sia composta da due genitori divorziati? Persino Giorgia Meloni e Matteo Salvini, tra gli altri, si sono sentiti in dovere di dare il loro appoggio allo spot contro chiunque ne abbia messo in dubbio il messaggio, ma qual è effettivamente questo messaggio, secondo il creatore?

Luca Lorenzini è un creativo nell'agenzia Small, da lui fondata insieme a Luca Pannese quattro anni fa, con sede a New York. L'esperienza di Luca è ampia e variegata: Saatchi & Saatchi e Publicis, solo per citarne due. La fama, però, è derivata ancor più dallo scandalo della pesca e infatti Lorenzini dice che avevano già avuto modo di creare «campagne pubblicitarie che avevano fatto parlare, ma così tanto no». Eppure, ha funzionato, e tutti gli occhi sono puntati da giorni sull'Esselunga: «Pensiamo di aver fatto un buon prodotto, alcuni – esagerando, lo so – hanno detto che è meglio di una serie Netflix: quando un prodotto riesce a suscitare emozioni è un buon prodotto».

Luca spiega, nell'intervista con Oriana Liso di Repubblica, la genesi dello spot: «Siamo partiti da una idea con il nostro cliente e da una richiesta ("Non c'è una spesa che non sia importante"), abbiamo pensato a come sviluppare un racconto molto cinematografico e lungo – due minuti sono fuori dai canoni classici della pubblicità – e abbiamo pensato alla pesca come spunto di un racconto. Potevano esserci molti altri spunti e molte altre storie, magari ce ne saranno», ma grazie a questo spunto è stato possibile per l'agenzia «mettere al centro del racconto i consumatori, chi sono, le loro vite, e di farlo con una narrazione diversa da quella tipica delle pubblicità italiane.

Forse perché viviamo a New York, lavoriamo con clienti di tutto il mondo e vediamo un altro modo di raccontare la quotidianità».

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Magari quel messaggio che tutti hanno tirato un po' da una parte e un po' dall'altra a seconda dell'agenda personale è stato frainteso, o quantomeno è passato dal filtro individuale di ognuno di noi: «Forse a questa storia si sta dando una lettura con un messaggio più profondo di quello che volevamo. Tutti messaggi sono importanti, ma il nostro, alla fine, era semplicissimo» afferma Lorenzini, che contesta l'accusa secondo cui lo spot rappresenti la famiglia tradizionale: «A dire il vero di solito vediamo la famiglia felice classica, che si alza al mattino, tutti fanno colazione assieme, sono felici e uniti. Di famiglie così ce ne sono tante, noi abbiamo deciso di raccontarne un’altra, che non è irreale, genitori separati li conosciamo tutti, se non lo siamo noi stessi».

Poi, nell'intervista con Francesco Moscatelli di La Stampa aggiunge che «abbiamo notato come molti abbiano interpretato lo spot in base alla loro esperienza personale. Ai primi rispondiamo che abbiamo ricevuto decine di messaggi di persone ormai adulte che ci hanno detto: “Io facevo la stessa cosa, mi sono rivisto in quella bambina”. Quindi pensiamo di aver raccontato una storia verosimile». Ai secondi, invece, risponde: «Con i messaggi ricevuti da coppie divorziate che ci hanno detto: finalmente qualcuno che parla di noi».


Ultimo aggiornamento: Giovedì 28 Settembre 2023, 09:27
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