Roma, via alla Social Media Week:
l'intervista all'esperto Daniele Chieffi

Roma, via alla Social Media Week: ​l'intervista all'esperto Daniele Chieffi

di Alessio Caprodossi
Qual stata la maggiore novit, in ambito lavorativo, generata dalla diffusione dei social network?

Hanno cambiato il rapporto tra datore di lavoro e dipendente regalando uno strumento di promozione e costruzione della propria immagine che prima non esisteva. I social network, e pi in generale la rete, consentono a ciascuno di noi di presentarsi in maniera pi immediata ed efficace perch, se usati nel modo giusto, permettono di esaltare le capacit e quindi essere pi spendibili sul mercato.





Le aziende italiane hanno colto la metamorfosi in atto?

«In linea generale nelle aziende non è ancora radicata la percezione che gli strumenti social siano validi elementi per migliorare il personale assumendo talenti altrimenti difficilmente raggiungibili, oppure abbattere costi con processi più snelli e veloci. È un problema generazionale: i 50enni di oggi che sono al comando non sono nativi digitali, quindi faticano a comprendere dinamiche completamente diverse dal passato».



Passando ai giovani, quali credenziali o percorsi formativi sono necessari per entrare nel mondo digitale?

«Un problema di fondo è l'approccio culturale dei ragazzi, spesso poco consapevoli delle potenzialità offerte da strumenti utilizzati solo in minima parte. Ai miei studenti ricordo sempre che il web riduce e talvolta annulla le distanze: siamo tutti professionisti sul mercato e sta al singolo farsi riconoscere. Costruirsi un'immagine digitale è la prima mossa. Che si lega alla necessità di conoscere in maniera approfondita i mezzi legati alla rete. Impossibile proporsi, ad esempio, se non si è in grado di gestire conversazioni sui social, realizzare e condividere foto e video».



I social danno tante opportunità ma bisogna saperli dosare altrimenti si rischiano brutte figure. Cosa va evitato?

«I social network come il web sono una vetrina in cui siamo sempre osservati e dove nulla si dimentica. La nostra immagine agli occhi degli altri passa per i contenuti che postiamo. Condividere immagini violente o concetti ideologicamente estremi può essere controproducente, come mostrare troppo attaccamento per una squadra di calcio oppure rispondere a commenti critici. Tutti elementi utili alle aziende per valutare una persona; serve quindi più razionalità e meno istinto».
Ultimo aggiornamento: Lunedì 22 Settembre 2014, 10:24
© RIPRODUZIONE RISERVATA