Roma-Bologna, De Rossi e Motta amici e rivali in Nazionale: da guide in campo a professori in panchina

La storia dei tecnici "giovani" e in ascesa

Roma-Bologna, De Rossi e Motta amici e rivali in Nazionale: da guide in campo a professori in panchina

di Alessandro Angeloni

ROMA «Io sono un italiano nato in Brasile. A 15 anni sono andato in Europa, mio nonno è di Rovigo ed ho avuto la fortuna di avere il passaporto italiano. Quando ne ho avuto la possibilità, non ho avuto dubbi nello scegliere una grande Nazionale come quella italiana. Non ho mai invece desiderato giocare con il Brasile, anche se ho militato nell'Under 23». Il percorso di Thiago Motta è chiaro, come sono state chiare le difficoltà vissute ai tempi dell’azzurro, da Prandelli a Conte, sfiorando il titolo di campione d’Europa 2012. Motta era l’oriundo sgradito, che toglieva il posto ai nostri (quali, poi?), contestato come Camoranesi, che poi da campione del mondo ha guadagnato l’immunità. Motta ha resistito in Nazionale per cinque anni, dal 2011 al 2016 ( 30 presenze, 20 da titolare, 10 da subentrato, con un gol all’attivo), aveva una squadra vicino, era protetto (per quanto ne avesse bisogno) dai senatori, Buffon («uno dei migliori con cui abbia mai giocato») e De Rossi su tutti. Proprio Daniele, alla vigilia del campionato europeo in Francia nel 2016 lo aveva difeso dagli attacchi della gente, dei soliti noti che non lo consideravano degno di indossare la maglia numero 10.

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«Non la ritengo una cosa così importante, semmai lo è quando si è più giovani. Non l'ha chiesta lui, ma l'ha accettata così come la accettai io a suo tempo. La gente che si diverte a prendere in giro Thiago dovrebbe venire a far due palleggi con lui e pulirsi la bocca, perché parliamo di uno che ha vinto tutto.

Dal punto di vista tecnico, forse è l'unico che merita il 10. Tecnicamente non è inferiore ai numeri 10 del passato». Sciacquatevi la bocca, l’urlo di Daniele da Coverciano per l’amico-rivale (avevano lo stesso ruolo e in azzurro, insieme, hanno giocato solo 14 volte), un po’ lo stesso che usa da allenatore della Roma, sempre pronto a difendere i suoi e a considerarli «forti» e non a caso oggi sono disposti, come dice Pellegrini, a gettarsi nel fuoco per lui. Motta e Daniele sono stati amici di Nazionale, si conoscono bene, si stimano anche oggi come allenatori-colleghi. Erano ragazzi, sono diventati uomini. Ognuno con le proprie idee, tutti e due con un obiettivo: diventare due grandi tecnici. Prandelli e Conte i loro maestri comuni in azzurro (Daniele ha esordito con Lippi e in totale ha vestito la maglia dell’Italia 117 volte, 103 da titolare, 14 da subentrato, con 21 reti), Motta è anche cresciuto all’ombra di Gasperini (a Genova) e Ancelotti (a Parigi) e poi ai tempi del Barcellona con van Gaal e Rijkaard e all’Inter ha vinto tutto con Mourinho, che De Rossi ha sostituito sulla panchina della Roma tre mesi fa. Daniele ha esordito con Capello, poi ha rubato a Spalletti, Luis Enrique, Ranieri e tanti altri. Entrambi, insomma, hanno un sacco pieno di consigli rubacchiati qua e là. Motta ha più esperienza, avendo soltanto un anno in più di DDR, ma è partito un po’ prima. De Rossi allena una squadra potenzialmente più forte del Bologna e questo impreziosisce ancora di più il lavoro svolto in Emilia da Thiago, che è riuscito a far sognare una città. Stasera i due amici si ritrovano all’Olimpico, uno davanti all’altro. Due professori da calciatori. Due professori da allenatori.


Ultimo aggiornamento: Lunedì 22 Aprile 2024, 07:19
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