Siamo un popolo che vuole i verdetti per non accettarli. Siamo un popolo di esploratori senza bussola, un popolo che promette di stanare i diritti ma che va in cerca di colpevoli. C’è chi canta la libertà, per poi mettere le sbarre. C’è chi fa le battaglie in nome del bene, per poi negarlo.
Lo abbiamo visto con la risposta alla classifica della quarta serata del Festival. Amadeus annuncia Angelina Mango, che aveva omaggiato il padre, al secondo posto. In testa c’è Geolier, con una performance a quattro, insieme a Gué, Luché e Gigi D’Alessio. Si scatenano i fischi dei loggionisti dell’Ariston, prolificano i commenti sui social. Alcuni di questi gli danno del camorrista, altri ne fanno una questione meridionale. Geolier entra in scena lo stesso, in mezzo ai fischi e alla gente che si alza e va via. Ritira il premio. Si esibisce nuovamente. Ha 23 anni. Dimostra dignità, quella che manca a tanti. E ci ha dato una lezione.
Perché noi dimentichiamo.
E sarebbe cosa buona e giusta che lo si facesse con lo stesso rispetto con cui appoggiamo lotte di cui ci facciamo portavoci. Indipendentemente dal gradimento personale, che evidentemente (e facciamocene una ragione), non coincide con quello della somma di tre giurie. Tre giurie diverse che, ieri sera, hanno avuto il loro singolare peso. Sala Stampa per il 33%, idem per la giuria Radio, e televoto per il 34%.
Non è questione di campanilismo. Non c’entrano nord o sud. C’entra la somma matematica, c’entra il risultato finale dell’insieme di tre giurie che va accettato. Senza alcuna allusione. Prendiamone atto. Siamo solo un popolo con le nostre debolezze. Una di queste è l’arroganza di non farsi quasi mai il mea culpa.
Ultimo aggiornamento: Sabato 10 Febbraio 2024, 15:51
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