Anna Magnani, a cinquant’anni dalla morte il mito intramontabile di un’antidiva

L'attrice romana ricordata anche in tv

Anna Magnani, a cinquant’anni dalla morte il mito intramontabile di un’antidiva

di Totò Rizzo

Il grido disperato, la corsa affannosa dietro il camion dei soldati tedeschi, il crepitìo del mitra nazista, lei che cade giù, scomposta. È l’immagine-simbolo che resta di Anna Magnani, la sequenza di “Roma città aperta” (1945) che la consacrò definitivamente a una popolarità che il teatro e altri film le avevano già regalato, un fotogramma-icona che riaffiora ancora oggi, nel cinquantenario della scomparsa della più grande fra le attrici italiane del secolo scorso.

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Lei e Aldo Fabrizi, su quel set di Rossellini. I due non si amavano ma ogni ciak era un’intesa a pelle, reduci, insieme, da due film strapopolari (“Campo de’ Fiori” e “L’ultima carrozzella”), lei aveva già detto no a Visconti per “Ossessione” (era incinta di 5 mesi) e non poteva perdere quest’altra occasione. Però pretese la stessa paga del protagonista maschile, disse no alle centomila lire in meno che Peppino Amato, il produttore, le offriva.
“Nannarella”: romana, padre quasi ignoto, madre in fuga per farsi una vita altrove, una nonna e cinque zie a tirarla su.

Dirà che l’arte, in fondo, l’ha ripagata di quei sorrisi e quelle carezze che le mancarono. Ribelle, sempre. Sul lavoro e nella vita. Si lasciò alle spalle un marito viveur, il regista Goffredo Alessandrini, e s’innamorò – scandalo – di un uomo più giovane di nove anni, Massimo Serato, da cui ebbe un figlio, Luca, suo orgoglio e suo cruccio perché tormentato dalla poliomielite, poi l’amore per Rossellini che le diede il benservito quando arrivò Ingrid Bergman e rancori e rabbia sfociarono nel film della ripicca: mentre lui girava “Stromboli” con la svedese, lei recitava, nell’isola accanto, in “Vulcano”, tutt’altro che due capolavori.

I film


Se il teatro fu la sua culla artistica (prima la prosa, poi la rivista, con l’amato Totò, tornò sul palcoscenico solo altre due volte negli anni 60), fu il cinema a donarle fama e successo, con le sue protagoniste di tempra fortissima, da “Roma città aperta” a “L’onorevole Angelina”, “Bellissima”, “Nella città l’inferno”, “La rosa tatuata” (che le valse l’Oscar nel ’56), “Mamma Roma” passando da Rossellini a Zampa, Visconti, Castellani, Mann, Pasolini. Sul set grande tecnica ma pronta a prenderne le distanze una volta “posseduta” dal personaggio: guardare i copioni, per credere, pieni di segnacci, cancellature, riscritture.

Gli omaggi


Non le mandava a dire, nemmeno le parolacce che ai suoi tempi erano appannaggio degli uomini ma al «va’ a mori’…» sapeva alternare un francese fluente e colto. Capace di sfuriate furibonde e di tenerezze rappacificanti, ironica, sferzante, leggendari i festival di Sanremo visti in tv con gli amici nel suo salotto di Palazzo Altieri, le estati al Circeo, la Buick cabrio. Oggi, a Roma, la Casa del Cinema le dedica un’intera giornata e le intitola la terrazza su Villa Borghese, Rai3 la omaggia alle 21.50 con “Bellissima”.


Ultimo aggiornamento: Martedì 26 Settembre 2023, 08:11
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