L'esperienza di Mario Draghi al governo si è chiusa dopo 522 giorni. Un anno e mezzo in cui ha dovuto fronteggiare le emergenze del Paese, sospeso tra il Covid e la guerra in Ucraina con le conseguenze a livello economico che hanno pesato nelle tasche degli italiani ma non solo. Un esecutivo - con una maggioranza amplissima ma assai litigiosa - nato dopo la crisi del secondo governo Conte che aveva come obiettivo principale quello della gestione delle tre emergenze italiane: pandemica, economica, sociale. Nacque così «un governo - disse all'epoca il capo dello Stato Sergio Mattarella - di alto profilo» che non doveva «identificarsi con alcuna formula politica». Un governo che doveva fare fronte «con tempestività alle gravi emergenze non rinviabili».
Il governo Draghi
Tutti i principali partiti - con una sola eccezione, Fdi - decisero di rispondere positivamente a quell'appello e il 13 febbraio dello scorso anno, dieci giorni dopo aver ricevuto l'incarico accettato con riserva, Draghi e i suoi ministri prestarono giuramento al Quirinale. Il 17 febbraio il governo ottenne la fiducia al Senato con 262 voti favorevoli, 40 contrari e 2 astenuti, il giorno successivo anche quella dalla Camera con 535 voti favorevoli, 56 contrari e 5 astenuti. Numeri che rappresentano ancora oggi una delle maggioranze più ampie mai registrate nella storia della Repubblica. Da subito Draghi indicò la strada che si era prefissato di percorrere legando a doppio filo l'Italia all'Europa («senza l'Italia non c'è l'Europa, ma, fuori dall'Europa c'è meno Italia», disse). Certo il compito si mostrò impegnativo - su tutto il raggiungimento degli obiettivi fissati dal Pnrr, ma anche campagna di vaccinazione, ripresa economica e transizione ecologica - e l'orizzonte temporale, interrottosi oggi, comunque breve.
L'ipotesi Quirinale e l'appoggio a Zelensky
E breve è stata anche la sua «corsa» al Quirinale.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 20 Luglio 2022, 20:47
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