Norman Atlantic, polemiche sui soccorsi: "Perché gli elicotteri della Marina sono arrivati così tardi"

Norman Atlantic, polemiche sui soccorsi: "Perché gli elicotteri della Marina sono arrivati così tardi"
dal nostro inviato Mauro Evangelisti

BRINDISI - Sul gommone hanno parlato con i familiari, dal cellulare hanno urlato che si erano salvati, che stavano bene. Eppure, nessuno è arrivato a soccorrerli, a recuperarli. Il tempo passava e mentre in Italia domenica mattina si era ancora nella fase delle riflessioni su come aiutare la Norman Atlantic che andava a fuoco, i tre camionisti napoletani Carmine Balsano, Giovanni Rinaldi e Michele Riccardo vedevano che il tempo passava, le onde si alzavano nessuno arrivava a salvarli. Dopo quattro ore, quando i parenti hanno riprovato a chiamarli, il segnale non c'era più. I tre napoletani erano morti.



Ecco, nei giorni delle passerelle, delle vetrine, dell'orgoglio artefatto, basterebbe pensare all'attesa vana di un aiuto dei tre camionisti napoletani sul gommone per capire che forse il meccanismo dell'emergenza e dei soccorsi non è stato così perfetto. Ieri, alle undici vittime dell'inferno della Norman Atlantic si sono aggiunte le morti dei due marinai albanesi a bordo di un rimorchiatore impegnato nei soccorsi, colpiti da una fune.



«Ma perché gli elicotteri della Marina Militare sono arrivati così tardi, perché si è perso così tanto tempo?» chiedono molti dei superstiti, che per molte ore sono rimasti intrappolati nel traghetto che andava a fuoco. A completare poi il quadro di questa tragedia i numeri. Ad oggi, come ha confermato il procuratore capo di Bari, Giuseppe Bari, neppure sappiamo quanti fossero davvero i passeggeri (e non solo a causa della presenza dei clandestini), s'ipotizza comunque che fossero 499, molti più dei 478 di cui si è parlato in un primo momento. Non sono ancora stati rintracciati 179 di loro, forse sono saliti sui due mercantili che per primi hanno prestato i soccorsi e che poi sono andati in Grecia.



Ma il rischio che il bilancio finale dei dispersi e dunque dei morti sia molto più alto. Ci sono ottanta persone recuperate che non comparivano nella lista dei passeggeri. E qui si arriva alla domanda più importante: il bilancio di undici morti, con l'incognita di una quarantina di dispersi, può autorizzare davvero a definire un successo le operazioni di soccorso?



Il maltempo ha rallentato le operazioni o invece ha vinto il caos, le incomprensioni tra Italia e Grecia, le decisioni prese troppo lentamente? Le parole di Maria, la moglie di Carmine Balzano, uno dei tre camionisti morti sulla scialuppa, sono molto dure: «Lo Stato ha mandato i salvataggi, ma alle otto del mattino, mentre la nave si è incendiata alle tre di notte. Lo Stato e Renzi hanno mandato i soccorsi per dire che hanno fatto una cosa bella e grandissima sempre le stesse scene, da tre giorni».



Ripartiamo dall'alba di domenica, quando dal garage del traghetto si sviluppa un incendio. Siamo a 20 chilometri dalla costa albanese. Sul traghetto c'è la fuga dei passeggeri verso la parte alta dell'imbarcazione. In pochi riescono a salire sui gommoni e, come i tre napoletani, sperano nell'arrivo di un aiuto. Altri addirittura, come il greco Georgius Doulis, restano incastrati negli scivoli che devono portare alle scialuppe e invece li condannano alla morte per ipotermia.



Solo quando ormai è giorno, attorno alle 8, giungono i primi mercantili in zona che danno aiuto, le prime navi di soccorso della Marina Italiana e alcune imbarcazioni albanesi. Sono le 9.26 quando l'Ansa informa: «Due rimorchiatori con a bordo squadre dei vigili del fuoco sono partiti questa mattina a distanza di alcune ore l'uno dall'altro per interventi di soccorso al traghetto della Norman Atlantic in fiamme al largo di Valona. Sul posto si è diretta anche una motovedetta della Capitaneria di porto, mentre un'altra motovedetta dei vigili del fuoco partita stamani è dovuta rientrare in porto per le avverse condizioni del mare. Nella zona in cui si trova il traghetto è diretto anche un elicottero della Marina militare decollato dall'aeroporto di Grottaglie». Rispetto a quando è scattato l'allarme erano già trascorse almeno quattro-cinque ore.



È vero, le condizioni meteorologiche erano terribili (50 nodi di vento e mare forza 7-8) però perché è trascorso tanto tempo? Che ruolo ha avuto il passaggio della guida delle operazioni tra Grecia e Italia? Alle 12,33 il Ministero della Difesa fa sapere: «Le operazioni di soccorso per il traghetto Norman Atlantic sono guidate dall'Italia. In aggiunta ai mezzi già impegnati in zona (2 velivoli greci, un'unità greca della Guardia Costiera, tre motovedette della capitaneria di porto italiana con due elicotteri, un elicottero dell'aeronautica e due motonavi) sono state dirottate la Motonave Cruise Europa (battente bandiera italiana), la Evinos (bandiera greca, individuata per eventuali recuperi dei velivoli. La Marina militare ha inoltre in approntamento ulteriori 3 elicotteri che da Catania verranno trasferiti a Grottaglie». Il problema è che sono trascorse già otto ore dall'allarme. Altre dieci ore dopo, alle 18.56, un passeggero riesce a parlare con una tv greca e spiega disperato: «Moriremo come topi, perché stanno impiegando tanto tempo per venire a salvarci?».



Ancora: la nave San Giorgio compare nella zona del disastro solo verso sera, quando finalmente dal ponte si alzano gli elicotteri. Poteva essere più rapido questo spiegamento di mezzi o, come ripetono fino alla noia i naufraghi, «gli elicotteri dovevano arrivare prima». Va anche detto che la priorità era spegnere l'incendio.



Ci sono poi le domande che vengono dalla Grecia: perché l'Italia non ha accettato il nostro aiuto? È utile rileggersi le dichiarazioni dell'altro giorno, rilasciate dal ministro della Difesa, Nikos Dendias, alla tv Skai Greece: «Avevamo mezzi e risorse disponibili, l’Italia ha accettato solo lunedì il sostegno di un altro elicottero Super Puma decollato dalla base di Corfù. Eppure quei mezzi hanno una capienza di tre volte superiore a quelli italiani, ma le autorità italiane avevano la gestione delle operazioni e solo da loro dipendeva ogni mossa. Le autorità italiane sono inclini ad operare con le proprie risorse, ma Roma avrebbe potuto gestire in modo più ampio questa operazione di salvataggio multinazionale».
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 31 Dicembre 2014, 16:57