Regeni collaborava con Il Manifesto: "Temeva
per sé". Cercava contatto con attivisti turchi

Regeni collaborava con Il Manifesto: "Temeva per la sua vita"
Giulio Regeni «collaborava con Il Manifesto» e utilizzava uno pseudonimo «perchè temeva per la sua incolumità». Lo riferisce la redazione de Il Manifesto, precisando che il giovane si occupava in Egitto in particolare dei sindacati del Paese. Regeni era arrivato al Cairo ad ottobre per studiare arabo e condurre ricerche sul campo per il suo dottorato sui movimenti sindacali. Un argomento «sensibile in Egitto» quello studiato dal giovane italiano, scrive in una corrispondenza il «New York Times», sul quale il governo del Cairo ha «cercato di reprimere molte forme di dissenso».

Ma secondo la supervisor di Regeni all'Università Americana del Cairo, Rabab el-Mahdi, lo studente italiano «si era sempre tenuto alla larga da qualunque cosa fosse politicizzata». Anne Alexander, ricercatrice dell'Università di Cambridge e, come Regeni, esperta di movimenti operai egiziani, si è detta preoccupata per la sua morte e ha lanciato l'allarme per la sicurezza degli altri ricercatori che lavorano in Egitto, in particolare per quelli che affrontano temi delicati.

«Tutti quelli con cui ho parlato sono scioccati dalle notizie emerse sulle probabili circostanze della sua morte. Se queste notizie fossero confermate vogliamo fare tutto il possibile per garantire che i responsabili siano chiamati a risponderne», ha affermato la Alexander, citata dal sito del Guardian. Secondo la ricercatrice, la preoccupazione per le condizioni di Regeni era stata alimentata in parte da segnalazioni di persone scomparse e arresti di massa che hanno avuto luogo prima del 25 gennaio. «Centinaia di cittadini egiziani sono scomparsi nel corso degli ultimi anni e spesso è emerso che erano in prigione e a volte hanno subito torture. Un numero molto inferiore è stato trovato morto», ha aggiunto.

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha sentito nel pomeriggio il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi al quale ha chiesto che il corpo di Giulio sia presto restituito alla sua famiglia e all’Italia e che sia dato pieno accesso ai nostri rappresentanti per seguire da vicino tutti gli sviluppi delle indagini per trovare i responsabili del crimine ed assicurarli alla giustizia. Nel corso della telefonata, il Presidente al-Sisi ha espresso le sue condoglianze al premier italiano. Convocati gli ambasciatori Su indicazione del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, il segretario generale della Farnesina Michele Valensise ha convocato giovedì mattina con urgenza l’ambasciatore dell’Egitto Amr Mostafa Kamal Helmy «per esprimere lo sconcerto del Governo italiano per la tragica morte del giovane Giulio Regeni al Cairo». La Farnesina ha chiesto « alle autorità egiziane il massimo impegno per l’accertamento della verità e dello svolgimento dei fatti, anche con l’avvio immediato di un’indagine congiunta con la partecipazione di esperti italiani». L’ambasciatore ha espresso, a nome del suo Paese, profondo cordoglio per la morte del ragazzo. Nel pomeriggio di giovedì «il ministero degli Affari esteri ha convocato l’ambasciatore italiano Maurizio Massari nel quadro degli sviluppi della morte del giovane italiano».

Il corpo di Giulio Regeni è stato consegnato dalle autorità egiziane all'Ospedale italiano 'Umberto Ì del Cairo. Lo si è appreso nella capitale egiziana.

«Il Presidente Mattarella auspica che, attraverso la piena collaborazione delle autorità egiziane, sia fatta rapidamente piena luce sulla preoccupante dinamica degli avvenimenti, consentendo di assicurare alla giustizia i responsabili di un crimine così efferato, che non può rimanere impunito».
Lo si legge in una nota del Quirinale sulla morte di Giulio Regeni.

Ultimo aggiornamento: Venerdì 5 Febbraio 2016, 09:50