Enrico Bonatti, il Signore degli Abissi: in un libro la sua discesa a 6000 metri di profondità

Enrico Bonatti, il Signore degli Abissi: in un libro la sua discesa a 6000 metri di profondità

di Totò Rizzo

Nel risvolto di copertina ci sono crediti importanti: studioso della geologia degli oceani alla Columbia University, direttore di numerose spedizioni negli Oceani Pacifico, Atlantico, Indiano, nel Mar Rosso e nel Mediterraneo, coordinatore di ricerche negli Urali artici, in Siberia e nelle depressioni desertiche dell’Etiopia. E prima di una serie di titoli accademici, c’è il credito più affascinante: è sceso a 6.000 metri di profondità negli abissi, Certo non saranno le 20.000 leghe sotto i mari di Capitan Nemo ma fanno impressione lo stesso.

Nonostante tutto questo, Enrico Bonatti (che adesso racconta in forma quasi di romanzo il suo mondo privato e d’avventure in “Frammenti di discesa”, Ianieri Edizioni, 252 pagine, 18 euro) è un personaggio di loquela affascinante che non s’impennacchia di tecnicismi, un accademico lontano dai formalismi dell’accademia, uno studioso la cui credibilità scientifica è pronta a darsi il cinque con la battuta.

Bonatti, partiamo dall’impresa impossibile per un comune mortale. Come si sta a 6.000 metri sul fondo di un oceano?

«Sembra paradossale ma la parte più intrigante è la discesa, è quel buio che si fa sempre più pesto, quel silenzio che è scandito soltanto da un suono che sembra il pizzico di una corda di clavicembalo, sono quelle tre ore chiusi in un mezzo piccolissimo che si muove a batteria, in via passiva, come diciamo noi, ovvero a motori spenti. Poi, una volta arrivati, si accendono le luci e si comincia a visionare e studiare il fondale, prende il via l’esplorazione vera e propria».

Che ci racconta che cosa?

«Ce ne racconta tante di cose ma principalmente l’origine e l’evoluzione del nostro pianeta anche quella del mondo non sommerso sul quale viviamo. Ci spiega i vari fenomeni, come i vulcanismi, ad esempio. Una storia lunga qualche miliardo di anni. Ma attenzione: non lasciamoci incantare dalla leggenda della profondità. La ricerca scientifica si fa anche in superficie, sulle navi oceanografiche, esplorando le zone desertiche che sono state mari in tempi remotissimi che fino ad oggi sono ricchissime di resti di quella lontana origine».

Lei alterna sapere e racconto nelle sue pagine.

«Non volevo fare un libro di divulgazione scientifica tout court, volevo parlare di quel che ho studiato per decenni raccontando anche me stesso. Un po’ come se attraverso lo sviluppo delle mie ricerche, delle mie scoperte, si scoprisse parallelamente anche la mia evoluzione di uomo, di persona che vive pure di sentimenti anche quando raccoglie dati».

Dica la verità: quante volte ha letto da piccolo Jules Verne ed è rimasto affascinato dal Capitano Nemo?

«Sarò sincero.

Mi divertiva, certo, ma non oltre l’emozione della lettura che può provare un ragazzo. E ripeto: gli abissi sono certo irresistibili nella loro forza di misteriosa seduzione ma anche stare su una nave di superficie o esplorare il Circolo Polare Artico o le formazioni rocciose degli Urali è un’attrattiva indescrivibile».

Sia sincero anche in questo: davvero ci aspetta in un futuro lontano un mondo invaso dalle acque, davvero l’Italia potrebbe trasformarsi in un acquitrino?

«Beh, cerchiamo di non essere catastrofici e di ragionare in termini di miliardi di anni. Certo, il livello del mare si innalza, pian piano, poco alla volta ma si innalza. I mutamenti climatici, con il riscaldamento globale in primo piano, favoriscono questo fenomeno. Ma ci sono altre cause. Il Sole è diventato via via più caldo e più luminoso, le sue radiazioni sono aumentate, quattro miliardi e mezzo di anni fa era meno caldo di almeno il 20% di quanto è adesso, ci sarà un momento, continuando di questo passo, in cui, forse, esploderà. Noi non saremo più nemmeno polvere».

Una curiosità. Per una omonimia, c’è stato Walter Bonatti, leggendario scalatore, l’uomo che ha raggiunto le vette più alte del mondo, e c’è Enrico Bonatti, l’uomo che è sceso nel profondo degli abissi marini. Qualche parentela? Vi siete mai incontrati?

«No, nessuna parentela, semplice omonimia. Però, una volta rientrato in Italia dall’America, dopo 40 anni, mi venne voglia di contattarlo. D’altronde, mi dissi, lui è quello che è andato più su, io quello che è andato più giù… come scrive Eraclito “la via verso l’alto e quella verso il basso sono un’unica via”. Così seppi che teneva una conferenza vicino dove abito e andai a conoscerlo, c’era una folla immensa, mi presentai, parlammo pochi minuti ma ci trovammo simpatici, lo divertì molto questa idea dell’alto e del basso, ci ripromettemmo di risentirci magari per scrivere un libro a quattro mani. Purtroppo stava già male e dopo alcuni mesi morì».


Ultimo aggiornamento: Venerdì 18 Novembre 2022, 22:58
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