Cucchi, il carabiniere Tedesco: «A Stefano schiaffi e un calcio in faccia, da allora vivo nella paura dei colleghi»
di Ida Di Grazia
Il supertestimone, imputato per omicidio preterintenzionale insieme con i colleghi Raffaele D'Alessandro e Alessio Di Bernardo, racconta il pestaggio avvenuto nella caserma Appia della compagnia Casilina la notte dell'arresto per possesso di stupefacenti, il 15 ottobre del 2009. «Al fotosegnalamento - racconta Tedesco - Cucchi si rifiutava di farsi prendere le impronte, Di Bernardo lo colpì con uno schiaffo in pieno volto e una spinta. Lui cadde e D'Alessandro gli diede un forte calcio con la punta del piede all'altezza dell'ano». Tedesco ricorda il rumore della testa che sbatte sul pavimento. A quel punto «D'Alessandro gli diede un calcio in faccia, stava per dargliene un altro ma io lo spinsi via». Tedesco aiuta Cucchi a rialzarsi. «Gli chiesi come stesse. Rispose: Sono un pugile, sto bene. Ma lo vedevo intontito».
È un racconto drammatico ma liberatorio per il vicebrigadiere che ammette di aver avuto paura di parlare, soprattutto dopo la sparizione della sua relazione di servizio. «Dire che ho avuto paura è poco. Quando il 29 ottobre 2009 sono stato costretto a non parlare, mi sono trovato in una morsa dalla quale non sarei potuto uscire. Ero solo». «Una sera mi chiamarono al telefono Di Bernardo e D'Alessandro. Mi dissero: Fatti i cazzi tuoi su quello che è successo, mi raccomando». Dopo la morte di Cucchi Tedesco aveva chiesto al suo superiore, il maresciallo Roberto Mandolini, che comandava la caserma Appia, come dovesse comportarsi. «Lui mi rispose: tu non ti preoccupare, devi dire che stava bene. Devi continuare a seguire la linea dell'Arma se vuoi continuare a fare il carabiniere. Ho percepito una minaccia nelle sue parole». Poi la decisione di dire la verità, nove anni dopo: «Quando il maresciallo Riccardo Casamassima aveva cominciato a parlare, ho capito che quel muro stava cadendo».
«Il racconto di Tedesco è stato devastante per me e per i miei genitori - dice Ilaria Cucchi dopo l'udienza - ma dopo 10 anni di menzogne e di depistaggi in quest'aula è entrata la verità». In serata, il ministro degli Interni Matteo Salvini è intervenuto sulla vicenda, confermando la linea dura: «Chi sbaglia paga, anche se indossa una divisa, ma non accetto che l'errore di pochi comporti accuse o sospetti su tutti coloro che ci difendono: sempre dalla parte delle Forze dell'Ordine».
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Ultimo aggiornamento: Martedì 9 Aprile 2019, 10:17
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