Le fiaccole di De Masi

Le fiaccole di De Masi

di Alberto Mattiacci
Ma i professori universitari servono davvero? Ha senso, cioè, che una parte dei soldi che versate allo Stato serva a stipendiare gente che passa le giornate a studiare, discutere, fare ricerca e insegnare? Io faccio questo mestiere, per cui penso ovviamente di sì. Confesso che talvolta osservo (e ascolto) qualche collega, e quel “sì” diventa meno deciso (mai diventa un “no”, però). Giorni fa ci ha lasciati un professore universitario, di quelli che, se lo aveste conosciuto, avreste detto: «ma certo che i professori servono!». Il fatto è che alcune persone sanno indossare il mio mestiere -perché fare l’accademico è un mestiere, tecnico, selettivo e pure difficile- in un modo speciale. Quelle persone lì, con le loro parole -che nascono dal loro pensiero, che a sua volta nasce dallo studio, dal confronto e dalla ricerca- aprono finestre nelle menti degli altri. Un antico aforisma greco recita: “gli studenti non sono otri da riempire ma fiaccole da accendere”. Ecco, quelle persone, accendono fiaccole e illuminano vite -e non solo quelle degli studenti. Domenico De Masi, il professor De Masi, era uno di quelli. Ha illuminato menti dell’economia privata –fu pioniere dello smart working (che chiamava “telelavoro”), e pubblica –ascoltato consigliere di molti politici, non solo in Italia. Mi piace salutarlo, col sorriso che accompagnava i nostri discorsi, ricordandone un’idea: «i manager italiani lavorano fino a tardi, non perché amino il lavoro ma perché odiano la famiglia». Ciao Mimmo.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 13 Settembre 2023, 07:38
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