'Non volevo diventare un boss', il libro di Salvatore Esposito: “Io, Napoli e Ibra”

'Non volevo diventare un boss', il libro di Salvatore Esposito: “Io, Napoli e Ibra”

di Alvaro Moretti
Attendono pazienti le nostre chiacchiere alla Libreria Europa dei Granai, Roma Sud. «Non distante dalla casa di Genny Savastano in Gomorra 2», ci dice Salvatore Esposito.

Ha scritto un libro sulla sua vita, Non volevo diventare un boss (Rizzoli). «Ma non può essere una biografia, sono troppo giovane», dice alla presentazione (foto). Vero: è una carrellata di sogni e incontri: un ragazzo che diventa attore e per farlo fa di tutto («anche affiggere manifesti o portare pizze»), una famiglia umile che asseconda i sogni, che lo lascia crescere coi suoi sogni. «Avevo un buon lavoro da McDonald's, lo lasciai per l'accademia di Beatrice Bracco, la mia maestra di vita. Diceva che avevo la ferocia di chi lotta per rendere reale l'utopia». 

La gente che affolla la libreria e compra libri e chiede autografi e foto è educata. «Ho vissuto l'esplosione del fenomeno Gomorra, i social che impazzivano, la mia battuta sta senza pensier che diventava un tormentone: io il nipote di Totore a capera, il barbiere». In diretta Facebook su Leggo racconta tutto, i prossimi sogni: Gomorra che torna sul set (raccontato benissimo, con stupore del nuovo nel libro); la comicità conosciuta con i fake video dei Jackal. «E Ibrahimovic che mi ha trattato meglio di DiCaprio». 

Il segreto? «Essere un buono nella vita aiuta a interpretare i cattivi assoluti: in Gomorra perdiamo sempre tutti, chi muore e chi vive. Altro che film che strizza l'occhio alla malavita. La malavita è quella dei Savastano e Ciro o Immortale». Tutto scritto, tutto nero su bianco.
Ultimo aggiornamento: Lunedì 14 Novembre 2016, 08:50
© RIPRODUZIONE RISERVATA