Teatro patologico, sul palcoscenico dove ritrovare se stessi

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di James Perugia
«Sono bipolare e ho un disturbo schizo-affettivo avevo spesso ricadute, ma da quando ho iniziato a fare teatro non cado più». Marina prova a spiegare a parole quello che i suoi occhi raccontano ancora meglio: si è ripresa la sua vita. «Il teatro patologico mi ha insegnato che non sono l'unico a soffrire», le fa eco Paolo. Entrambi hanno provato sulla loro pelle cosa significhi essere esclusi dalla società: «Ci chiamano disabili». Ma entrambi, da qualche tempo, hanno smesso di avere paura. Grazie al palcoscenico.
Marina e Paolo sono due allievi del teatro patologico: un laboratorio per malati psichiatrici fondato nel 1992 dall'attore Dario D'Ambrosi. «Ho visto ragazzi che sono arrivati qui a livello catatonico e mi chiedevo: come farò con loro? Ma poi grazie al teatro ho visto questi ragazzi riacquistare l'autostima». Un po' come è successo a Paolo: «Ho sofferto e in parte soffro ancora di depressione e disturbi ossessivo compulsivi - racconta - ma ora so che la mia fragilità è anche la mia parte più vera. In luoghi come il teatro patologico ci si riappropria di questa autenticità ed è bellissimo».

«Attraverso i personaggi che vanno a interpretare i ragazzi rielaborano la loro storia spiega D'Ambrosi - noi glie li presentiamo come un pochino simili al loro carattere, e loro non si accorgono che si stanno guardando allo specchio, si stanno riflettendo... e così capiscono come gestire questa violenza, la solitudine, le paure».
Mentre fanno le prove del loro spettacolo che debutterà a marzo, a Roma, per poi fare il giro del mondo, i ragazzi del teatro patologico sembrano una grande famiglia. «Uno di loro all'inizio non riusciva ad andare da una parte all'altra del palco in linea retta. Questo gli creava paura, disagio racconta Francesco Giuffrè, regista della compagnia - allora ci siamo rimboccati le maniche, con l'aiuto degli altri compagni, e poi lui l'ha fatto, ha attraversato questo palco ed è stato bravissimo. È questo il senso del lavoro che facciamo». Quella del teatro patologico, a gennaio, è diventata una compagnia stabile. Un modello invidiato ovunque, tanto che in questi giorni hanno ricevuto una delegazione del governo Israeliano: «Vogliono chiudere i manicomi e prendere esempio dal teatro patologico - racconta D'Ambrosi - per offrire un'alternativa ai pazienti, quando saranno liberi». Uno dei ragazzi del corso: Alessio, la sua libertà l'ha già trovata: «A teatro puoi fare qualsiasi cosa, ti puoi esprimere e sparare tutta l'immaginazione che hai, e lì capisci che puoi essere te stesso, qui e in ogni altro posto...».

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Ultimo aggiornamento: Lunedì 21 Gennaio 2019, 13:38
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