Gabriele Pignotta: «Che disastro questa commedia, ma fa ridere come Stanlio e Ollio»

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Più che una piece teatrale, un format internazionale quello che va in scena dal 29 gennaio al Teatro Manzoni con "Che disastro di commedia". Per la regia dell'inglese Mark Bell, dal giorno del debutto nel West End - nel 2014 - non si è mai fermato, calcando i palcoscenici delle capitali eropee fino ad arrivare in Cina, Sud Africa, Brasile, Australia, Nuova Zelanda e Messico. Gabriele Pignotta è tra i protagonisti del cast italiano per lo spettacolo prodotto da Ab Management .

Testo e regia sono sempre gli stessi, ma gli attori cambiano di Paese in Paese.
«Sì, sostanzialmente è un format anche con la stessa scenografia e gli stessi costumi. La particolarità di questo spettacolo è che si ride ogni 15 secondi grazie al contrasto tra la serietà con cui gli attori cercano di mettere in scena un giallo ambientato nell'Inghilterra degli anni '20 e una serie di incidenti. Ad esempio il crollo di una parte di scenografia o il palco che prende fuoco. Gli inconvenienti mettono in difficoltà gli attori ma loro continuano».

Gli incidenti che portate in scena capitano anche nella vita reale?
«Mi è successo qualcosa di simile con questa commedia. Per un disguido non ero stato avvisato dell'inizio e io compaio nella prima scena. Ma la fortuna di questo spettacolo è che essendo totalmente basato sugli incidenti ti puoi permettere delle piccole "distrazioni" e la gente non se ne accorge».
 
 


Qual è il segreto del successo di Che disastro di commedia?
«Il classico meccanismo delle comiche anglosassoni, alla Stanlio e Ollio, un linguaggio universale che fa ridere tutti». 

Perché è riduttivo definirlo "spettacolo teatrale"?
«Io credo che sia giusto chiamarlo show internazionale. Non a caso è finito da Londra a Broadway e gli autori - Jonathan Sayer, Henry Shields e Henry Lewis - che hanno avuto l'idea in un piccolo pub hanno persino ricevuto un'onoreficenza dalla Regina Elisabetta. Per i romani è l'occasione di vedere lo stesso show di Broadway ma dietro casa».

Da attore, com'è confrontarsi con una commedia internazionale?
«In questo spettacolo il cuore non è l'interpretazione, ma uno sforzo psico-fisico per ottenere una perfetta sincronia tra le gag. C'è stata una preparazione molto stimolante, persino su tecniche da stuntman. Io e il casto italiano siamo stati anche a Londra a vedere lo spettacolo originale e devo dire che siamo all'altezza».

Una sfida.
«Già dal casting. Il regista ha fatto i provini e molti colleghi hanno rinunciato:io mi sono messo in discussione e sono stato selezionato dopo due giorni in cui Mark Bell ha anche capito chi aveva l'attitudine per affrontare questo spettacolo. Se sei una primadonna non sei adatto».
 
Ultimo aggiornamento: Lunedì 28 Gennaio 2019, 08:46
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