La Tosca alla Scala, Riccardo Chailly: «Un Puccini mai sentito»

La Tosca alla Scala, parla il maestro Riccardo Chailly: «Un Puccini mai sentito»

di Rita Vecchio
Dei titoli conosciuti che sembrano nuovi, Riccardo Chailly ne ha fatto una missione. Il direttore che domani inaugurerà la stagione del Teatro alla Scala con un cast stellare, punta la sua bacchetta su una versione inedita della Tosca di Puccini.

Appena premiato come artista dell'anno dalla rivista francese Diapason, Chailly - 67 anni a febbraio, direttore musicale alla Scala e direttore principale della Filarmonica oltre che dell'Orchestra del Festival di Lucerna - mette in scena la prima partitura del 1900 al Costanzi di Roma, secondo l'edizione critica di Roger Parker. E sulla strada della riscoperta promette di rimanere per i prossimi anni, completando il ciclo delle opere di Puccini.

Puccini come mai ascoltato prima?
«Sì, ma senza togliere nulla alla Tosca che amiamo. Otto frammenti finora sconosciuti, inaspettati ma meravigliosamente sorprendenti. Una ragnatela labirintica di 17 temi ogni volta ripresi, dilatati, alterati. Il tema di Scarpia che apre l'opera è un incubo che finirà solo negli ultimi minuti del III atto: tre accordi diabolici e poi l'orchestra impegnata in una funambolica corsa. Il Te Deum sarà a cappella, senza raddoppio degli ottoni. E al Si bemolle finale di O Scarpia, avanti a Dio! avremo 14 battute in più e la ripresa del tema di E lucevan le stelle».
 
 


Qualcuno non è d'accordo con l'idea di presentare una partitura che Puccini avrebbe poi cambiato.
«Non si tratta di imporre una versione unica di una partitura ma di approfondire la conoscenza potendo scegliere tra le due versioni. Puccini era sensibile alle critiche, un po' come Bruckner con le sinfonie, per cui spesso apportava modifiche. Vorrei continuare con il percorso di riscoperta delle sue opere: Edgar ma anche La Rondine, Il Tabarro».

Come è questa Tosca?
«Fiera e nobile d'animo e tanto disperata da uccidere e uccidersi nonostante la fede. È sempre una grande sfida portarla in scena. Il librettista Illica temeva la successione di troppi duetti, ma l'istinto teatrale di Puccini qui è insuperabile per efficacia e modernità quasi cinematografica».

Verdi disse che avrebbe voluto essere lui a musicare Tosca.
«Verdi come Puccini puntava all'essenza, alla concentrazione: aveva capito il potenziale teatrale del testo di Sardou».

Come prosegue la collaborazione Livermore, con cui siete al secondo 7 dicembre?
«Con il suo estro non è mai una passeggiata (scherza, ndr) ma ha saputo rispettare la partitura uscendo dallo stereotipo».

Gli applausi saranno consentiti?
«Sono elementi magnifici dello spettacolo. Eseguirò Tosca in un flusso unico come voleva Puccini e come feci con Manon Lescaut, senza fermare l'opera per richiederli. Se però nascono spontaneamente sono un momento di condivisione e gioia collettiva».

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Ultimo aggiornamento: Mercoledì 11 Dicembre 2019, 19:55
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