Fresi nella fiaba di Veltroni: «La bontà è rivoluzionaria»

Video

di Michela Greco
ROMA – Quando si smette di essere bambini? Se lo chiede Giovanni (Giovanni Fuoco), che ha 13 anni e già si sente molto più grande, cresciuto con genitori ricchissimi e spesso assenti, appena morti in un incidente. Stefano (Stefano Fresi) invece ha 40 anni ma è un bambinone: precario nel suo bizzarro lavoro di “osservatore di arcobaleni” e precario nella vita sentimentale. In C’è tempo, primo film di finzione da regista di Walter Veltroni, i due si scoprono fratellastri e attraversano – malvolentieri - insieme il paese per andare a vivere – malvolentieri – insieme nel paesino di montagna da cui proviene Stefano, che accetta l’incarico familiare solo per soldi. «Ho messo insieme due persone diversissime – ha commentato Veltroni – costrette a convivere nel corso di un viaggio che più procede e più rallenta. Le pause che Stefano e Giovanni si prendono servono per conoscersi. C’è tempo è un film sull’incontro, sullo scambio: è come un arcobaleno in cui si uniscono tanti colori diversi. Alla fine il risultato è la meraviglia».
«Il mio personaggio è proprio come un arcobaleno – conferma Fresi, che compare praticamente in tutte le inquadrature del film e che, da ieri sera, è anche in tv ne Il nome della rosa – È burbero ma anche tenero, è uno scienziato con un cuore romantico. L’arcobaleno è un arco, come l’arco della trasformazione del mio Stefano, alla fine del quale si trova un tesoro, che in questo caso è una famiglia e il coraggio di prendersi cura dell’altro». In un tripudio di citazioni e ammiccamenti cinematografici – «ce ne sono oltre 50», suggerisce il regista – che passa in rassegna Truffaut, Stand By Me, Scola, Monicelli, Fellini, Risi e il Bertolucci di Novecento (e non solo), C’è tempo mette in campo tutta la cinefilia di Veltroni con una tale messe di buoni sentimenti da risultare quasi naïf: «Se oggi c’è un pericolo nel nostro paese, non è certo l’eccesso di buoni sentimenti – sottolinea Veltroni – Io sono fatto così: non sarei credibile se facessi un film splatter e non mi sono mai ribellato alla definizione di buonista. Visto il dilagare dell’odio e degli insulti, oggi l’ascolto, l’accoglienza e il riconoscimento dell’altro sono rivoluzionari. Ma la manifestazione di sabato a Milano ha dimostrato che la gente ha voglia di ritrovarsi fisicamente, di condividere i valori».
Ultimo aggiornamento: Martedì 5 Marzo 2019, 07:15
© RIPRODUZIONE RISERVATA