Stefano Fresi: «Fate quel che volete, ma in casa. Dovete seguire le regole»

Stefano Fresi: «Fate quel che volete, ma in casa. Dovete seguire le regole»

di ​Michela Greco
«Sto cercando di trarre il meglio dal peggio. Come faccio sempre». È la filosofia con cui l’attore e compositore Stefano Fresi sta vivendo la reclusione forzata imposta dalla diffusione del Covid19. Il chimico della trilogia Smetto quando voglio, il Salvatore della serie Il nome della rosa e il compositore di molte musiche televisive si è visto, come tanti, mettere dei puntini di sospensione sui numerosi progetti professionali in corso e ora, da casa, manda segnali di fumo soprattutto sotto forma di note.

Come è diventata la sua quotidianità in questi giorni?
«Mi sto occupando tanto, con gioia, della mia casa e della mia famiglia. Mi sto rimettendo in pari rispetto agli arretrati accumulati facendo un lavoro che mi porta a stare spesso fuori casa. Gioco con mio figlio e lo aiuto a studiare con la scuola online, recupero il tempo perduto con mia moglie guardando insieme film, parlando, ascoltando musica e... metto in ordine! Ho messo a posto tutti i miei scaffali, sia fisici che digitali. Non ho mai avuto una casa così ordinata!»

E sui social?
«Tante dirette per starsi vicini e poi, oltre a diffondere messaggi di sostegno allo Spallanzani e ai medici, metto dischi. Ne scelgo uno dalla mia collezione di vinili, lo pulisco e lo faccio suonare postando il video su Instagram e dedicandolo a un amico. Ognuno deve avere la libertà di fare ciò che lo fa stare meglio, l’unica cosa su cui sono estremista è il seguire le regole dettate dal governo e dall’Oms».

Quali progetti ha dovuto interrompere a causa dell’emergenza?
«Il 16 marzo avrei dovuto iniziare le riprese del nuovo film da regista di Edoardo Leo Lasciarsi un giorno a Roma, ed era prevista l’uscita imminente di due film: Il grande passo e Il regno, che avrebbe dovuto partecipare al Bifest, rinviato anche quello. A fine maggio dovrei riprendere a girare il BarLume e ad agosto dovrei debuttare con uno spettacolo teatrale dal titolo Io non sono solo, ma chissà come andranno le cose».

Di che parla lo spettacolo?
«È strano perché sembra figlio di questa situazione ma non lo è, visto che con Augusto e Toni Fornari abbiamo iniziato a scriverlo da molto prima. Parla del senso di comunità che stiamo perdendo: è un paradosso incredibile, ma sembra che sia possibile recuperarlo solo stando lontani».

E' molto spaventato da questa situazione?
«Sono molto preoccupato soprattutto per le persone più anziane, le più fragili, e penso a chi lavora nel mio settore: un 10 per cento ha avuto la fortuna di avere successo e guadagnare abbastanza per stare tranquilli per un po’, ma per il 90 per cento dei miei colleghi il lavoro è simile a quello degli operai. Se non lavorano non vengono pagati e ora non hanno nessuna possibilità di lavorare: i set sono fermi, i cinema e i teatri chiusi. Le troupe sono la mia preoccupazione più grande».

Diceva degli anziani, cosa si può fare per loro?
«Proteggiamo i nonni, sono fondamentali. Facciamo loro tante telefonate, facciamo sentire la nostra presenza e sosteniamoli, naturalmente con tutte le precauzioni necessarie».
Ultimo aggiornamento: Giovedì 19 Marzo 2020, 08:58
© RIPRODUZIONE RISERVATA