Zeffirelli, una carriera lunga 70 anni. Poco prima di morire disse: «Ho ancora sogni nel cassetto»

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«Come sto? Tutto sommato non mi posso lamentare data la mia età. Quindi mi sento bene, è il fisico che ha iniziato a fare capricci». Così Franco Zeffirelli, il maestro che è stato attore, scenografo, sceneggiatore, costumista, anche pittore ma soprattutto regista, di film, prosa e lirica, scomparso oggi all'età di 96 anni, si raccontava in un'intervista rilasciata all'ANSA un anno fa, alla vigilia del suo 95esimo compleanno.

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«Un bravo ragazzo con la fortuna di avere molti talenti» e «solo idee geniali», così si era descritto qualche anno fa, il bambino dall'infanzia «complicata» a Firenze, sua città natale, il più internazionale dei registi italiani, ironico, polemico, passionale. Anche il grande tifoso della Fiorentina - «la porto sempre nel cuore anche se la seguo meno» - che, disse una volta, all'Oscar avrebbe preferito uno scudetto. «Mi reputo fortunato - raccontava l'anno scorso -. Ho avuto molti momenti importanti nella mia carriera. Ho conosciuto e collaborato con i grandi nel mondo della musica classica, dell'opera, del teatro, del cinema. Regalandoci e regalando al nostro pubblico momenti memorabili».

L'elenco è lungo: da Luchino Visconti, il suo di maestro - «mi ha insegnato e forgiato al mestiere» - a Maria Callas - «la diva per eccellenza, l'artista più straordinaria e più completa» -, «da Domingo a Pavarotti, dalla Taylor e Burton a Lawrence Olivier, Mel Gibson, Glen Close, Judy Dench, Maggie Smith e così via». E poi «i grandi direttori d'orchestra: Serafin, Von Karajan, Bernstein, Kleiber». Zeffirelli ricordava anche Coco Chanel: poco dopo averla conosciuta a Parigi «mi regalò una cartella con 12 disegni di Matisse. Ero all'inizio della mia carriera e quei disegni mi sono serviti, vendendoli uno alla volta, per affrontare momenti di crisi economica, dandomi così la possibilità di sopravvivere e di non rinunciare al mio lavoro». Fatto anche di difficoltà, ma «per me e per l'amore che dedicavo al mio lavoro tutto diventava passione e divertimento». Meno lusinghiero il giudizio sul mondo dello spettacolo oggi: «Vive un periodo di decadenza, sono venuti a mancare i grandi interpreti, i grandi registi, i grandi scrittori del cinema e del teatro che tutto il mondo ci invidiava». E anche in generale sull'Italia (tanto amata ma «dove per questioni ideologiche ho sempre dovuto lottare»): «Mi sgomenta sotto ogni punto di vista ma bisogna sempre sperare che le cose migliorino».

La sua carriera lunga 70 anni ora è raccolta a Firenze, al Centro internazionale per le arti dello spettacolo Franco Zeffirelli, che accoglie disegni, bozzetti, copioni, sceneggiature, libretti d'opera, foto, filmati.
Un archivio per il quale «ho lottato tanto - diceva - perché» non si disperdesse: «Ora mi sento più tranquillo e mi auguro che il pubblico lo apprezzi». E un progetto rimasto nel cassetto? «Rimpiango di non essere riuscito a realizzare il mio film 'I Fiorentinì. Un grande progetto che comincia con la morte di Lorenzo il Magnifico e il rientro a Firenze di Michelangelo e Leonardo. Una grande pennellata sulla creazione del Davide e della Monna Lisa e di un ipotetico rapporto di invidia ma allo stesso tempo di rispetto tra questi due 'mostri sacrì». Come, tra 100 anni, vorrebbe essere ricordato? «Lascio dietro di me un grande patrimonio artistico: decine di film e tante riprese dei miei spettacoli d'opera da tutti i più grandi teatri del mondo». Proprio per festeggiare i suoi 95 anni, il Teatro alla Scala aveva deciso di riproporre il leggendario allestimento dell'Aida di Zeffirelli del 1963, con le scene dipinte da Lila De Nobili, mentre l'Arena di Verona la sua Aida con i costumi di Anna Anni.

Ultimo aggiornamento: Sabato 15 Giugno 2019, 16:22
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