Giorgio Cantarini: «Ero il bimbo di Benigni e Crowe ora recito nei teatri di New York»

Giorgio Cantarini: «Ero il bimbo di Benigni e Crowe ora recito nei teatri di New York»

di Gabriele Genah
La cosa che colpisce di più è lo sguardo. A ventitré anni di distanza sembra essere esattamente quello che era nel 1997, quando uscì La vita è bella. Ma Giorgio Cantarini, il piccolo Giosuè del capolavoro di Roberto Benigni, è diventato grande. Oggi ha 27 anni e continua a fare l’attore a New York.

Anche se all’epoca avevi solo cinque anni, cosa ricordi dell’esperienza de “La vita è bella”?
«Sicuramente è stata faticosa, però l’ho vissuta comunque come un gioco, un po’ come quello che faceva il mio personaggio nel film. Mi ricordo per esempio che quando mi vedeva giù o di cattivo umore, Roberto veniva da me e mi chiedeva se c’era qualcuno della troupe che non mi piacesse, facendo poi finta di mandarlo via. Ricordo anche il tecnico del suono, un omone con la barba nera e un vocione profondo che mi raccontava sempre delle storie sui pirati mentre mi metteva il microfono».

È lì che è nata la tua passione per la recitazione?
«No, inizialmente non volevo fare l’attore. Da piccolo mi ci sono un po’ ritrovato: nel caso de La vita è bella partecipai al provino quasi per gioco, su segnalazione dei miei zii che lessero l’annuncio su un giornale locale. In seguito seppi che la produzione avrebbe preferito altri bambini, un po’ più grandi di me perché più semplici da gestire sul set, ma Nicoletta Braschi pensava fossi perfetto per il ruolo e si impose. Da lì in poi ho continuato a lavorare nel cinema, per esempio ne Il Gladiatore di Ridley Scott, dove interpretavo il figlio di Russell Crowe. Alla fine del liceo scattò qualcosa: capii che mi piaceva stare sul set e che quella era la mia vita». 

Sei rimasto in contatto con Benigni?
«Con Roberto e Nicoletta ci siamo sempre sentiti negli anni. Certo, viviamo in città diverse e loro sono impegnatissimi, ma quando ho belle notizie o lavori nuovi su cui mi fa piacere avere un consiglio o un’opinione, li contatto sempre volentieri». 

Ora hai lasciato l’Italia per New York, come mai?
«Qui per un giovane attore ci sono molte più vie. Per i provini, ad esempio, ci sono tante piattaforme online per candidarsi che funzionano bene. Poi qui siamo a Broadway, c’è tanto teatro, tante pubblicità: qualcosa da fare si trova sempre. Io prima di trasferirmi avevo già in cantiere uno spettacolo che andrà in scena in questi giorni, Lions don’t hug. Dopodiché vedremo che succede: il mio sogno è fare l’attore e girare il mondo, Italia compresa». 
Ultimo aggiornamento: Sabato 29 Febbraio 2020, 08:29