Vita da Agnelli, Ginevra Elkann: «Il mio ritratto di famiglia in Magari»

Vita da Agnelli, Ginevra Elkann: «Il mio ritratto di famiglia in “Magari”»

di Michela Greco
«Volevo fare la regista da quando ho 14 anni. Ora che ne ho 40 ho realizzato quest’idea partendo dalla mia esperienza personale e dall’osservazione dei papà in vacanza da soli coi figli: in loro vedo qualcosa di scombinato ma allegro, un senso di avventura che mi affascina». Un desiderio covato così a lungo - e declinato per anni nel lavoro di produttrice e distributrice cinematografica – ha condotto Ginevra Elkann verso un esordio sorprendente. Figlia di Margherita Agnelli e Alain Elkann (quindi nipote di Gianni e sorella di Lapo e John), la neoregista ha raccolto in Magari, presentato ieri al Torino Film Festival e nell’agosto scorso a Locarno, i sentimenti agrodolci di un’infanzia particolare.
I suoi protagonisti sono tre fratelli: l’adolescente Seba, il mediano Jean e la piccola Alma, di 8 anni, attraverso il cui sguardo malinconico passa la magia di un racconto dotato di personalità e autenticità. I loro genitori sono separati e i tre piccoli rampolli dell’alta borghesia che compongono frasi in italo-francese vivono a Parigi con la mamma (Céline Sallette) e il suo nuovo compagno, dal cui avvento è derivata una conversione di gruppo alla religione ortodossa. Quando vengono prelevati dall’immaturo e istrionico papà Carlo (Riccardo Scamarcio) per una settimana bianca che diventa una vacanza a Sabaudia da condividere con la sua compagna sceneggiatrice Benedetta (Alba Rohrwacher), cercano di cavarsela come possono. Anche ricorrendo alla fede. «Ginevra conosce la religione ortodossa, ci è cresciuta – spiega la co-sceneggiatrice Chiara Barzini – Ci divertiva l’idea di raccontare bambini che crescono in un ambiente rigido, con un senso morale forte e l’idea del peccato molto presente, nelle mani di un padre ateo a cui questo aspetto dei figli fa addirittura impressione». «Per loro la religione ortodossa ha una qualità tranquillizzante – aggiunge la regista – Quando sono in difficoltà tornano alla preghiera e agli altarini, che vivono come coperte rassicuranti».
Il titolo Magari, invece, evoca i desideri infantili: «In quella parola c’è il sentimento che pervade il film, la felicità mista alla malinconia – spiega Ginevra Elkann – Alma sogna che papà e mamma si rimettano insieme ma ha a che fare con adulti imperfetti». Il fragile Jean, invece, alle prese con i problemi derivati dal suo diabete, sogna di essere L’uomo da sei milioni di dollari, un’aspirazione “d’epoca” per un film ambientato nel 1990: «Un momento in cui si sente tutto l’eco degli anni 80. L’inizio della fine».
 
Ultimo aggiornamento: Giovedì 28 Novembre 2019, 08:17
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