C'è tempo, Veltroni racconta la speranza di "un osservatore di arcobaleni" e omaggia i grandi del cinema italiano, citando Truffaut

C'è tempo, Veltroni racconta la speranza di "un osservatore di arcobaleni" e omaggia i grandi del cinema italiano, citando Truffaut

di Paolo Travisi
Dopo due documentari in cui ha raccontato il mondo visto dai bambini, Walter Veltroni, torna a raccontare l’infanzia e l’adolescenza nel suo primo film di finzione: C’è tempo. Il protagonista è Stefano Fresi, quarantenne del nostro tempo, tanti sogni e lavori precari, uno è quello “ di osservatore di arcobaleni per il Cnr probabilmente non esiste” dice divertito Veltroni alla conferenza stampa del film, ma è la chiave di tutto il film.

Incapace di assumersi le responsabilità per creare una famiglia sua, il personaggio di Fresi, è costretto - per motivi economici - ad accettare come fratello, un ragazzino di 13 anni, (interpretato da Giovanni Fuoco) mai conosciuto prima, come il padre comune dei due, morto improvvisamente. Una situazione che mette a disagio entrambi e che Veltroni racconta con delicata poesia, costringendo i due personaggi a convivere, nonostante l’evidente diversità anagrafica e non solo. “L’idea di farli viaggiare in una macchina, tra l’altro quella vera di Stefano Fresi, un maggiolino nero decappottabile, era per far incontrare due persone, un 13enne con la sua solitudine ed il caos rappresentato dal personaggio di Stefano, costretti ad un viaggio di scoperta, in cui si rallenta e non si accelera.

Il tema del film è l’incontro, come l’immagine dell’arcobaleno che ha tanti colori diversi, e dove proprio la diversità, crea la meraviglia. Anche l’auto è aperta, non per caso, perché i colori del film, caldi, solari, sono anche un sintomo di speranza, Viviamo in un periodo buio, e c’è bisogno di luce”.

In C’è tempo, il regista, ha voluto fare un lungo omaggio al cinema, autori, attori, maestri che hanno ispirato la sua voglia di fare il regista. Ad alcune sequenze ed accostamenti, come “I 400 colpi”, capolavoro di Francois Truffaut, amato anche dal personaggio ragazzino della pellicola e un omaggio a Bernardo Bertolucci di cui è mostrata una scena di Novecento, Veltroni ha disseminato il film di molte altre citazioni. “Ci sono più di 50 riferimenti sparsi, per esempio la padella bucata de La Grande Guerra, il nome della notaia è un riferimento a Zavattini, Miracolo a Milano. I nomi dei relatori sulla conferenza dell’arcobaleno sono quelli del cinema italiano, poi c’è Ettore Scola e Mastroianni. Il motivo? Essendo il primo cinema di finzione ci ho messo dei ringraziamenti. L’idea era di fare una commedia all’italiana, nel senso tradizionale del termine, perché tutti i maestri erano persone coltissime, ma che si rivolgevano al pubblico più ampio possibile. E l’obiettivo era questo”.

Ma non solo i film, appartengono all’universo culturale di Veltroni, ci sono anche scelte precise sulla colonna sonora. “Nel film c’è un inedito di Lucio Dalla che Ron ha interpretato a Sanremo, ma nel film è cantato da lui. Il titolo invece è la citazione di Ivano Fossati, un brano struggente, epico, per me il più bello della musica italiana, strettamente attinente al tema del film”. Intensa anche la partecipazione di Jean-Pierre Leaud, interprete di alcuni tra i più bei film di Truffaut, che i personaggi del film ( tra cui la cantante Stefania Molinari, di cui s’innamora Fresi e Francesca Zezza di cui s’invaghisce il giovane protagonista) incontrano per caso a Parigi. Veltroni spiega come è nata la sua partecipazione. “Gli ho scritto, poi a Parigi ho incontrato la moglie e poi ci siamo scritti ancora e lui è venuto. Lui è accompagnato dalla fama di essere una persona complicata ed io invece ho trovato una persona molto dolce e disponibile”.

Il personaggio di Stefano Fresi che per la prima volta ha un intero ruolo da protagonista, è nata insieme al regista come spiega lui stesso. “Il personaggio lo abbiamo costruito insieme a Veltroni, è un insieme di colori, burbero e dolce, scienziato e romantico, come l’arcobaleno ci sono tante cose ed alla fine compie questa trasformazione, accettando la nuova famiglia”. Parlando del tema dei bambini, molto caro all’ex-sindaco di Roma: “io non ho mai smesso di essere bambino, e ho paura di quelli che non considerano più quella quota di infanzia. Se c’è una cosa in cui i grandi sbagliano, è pensare che i bimbi siano fragili, creta da modellare. I due bambini che ho scelto, hanno grande intelligenza, hanno improvvisato, entrando nei personaggi”, ammette Veltroni che non può esimersi dal rispondere ad una domanda sull’esito delle primarie che ha visto la vittoria di Nicola Zingaretti, quale nuovo segretario del PD.

“Sono molto contento, ma soprattutto mi fa piacere per il segnale di luce, perché io in questo momento sono ossessionato dalla paura di perdita di speranza, e quindi al di là del Partito, c’è qualcosa che riguarda la democrazia, che è più forte quando c’è governo e opposizione e quando le persone vanno a votare”.
Ultimo aggiornamento: Lunedì 4 Marzo 2019, 19:25
© RIPRODUZIONE RISERVATA