Dragon Trainer, tra ragazzo e drago vince solo la noia
di Boris Sollazzo
Va detto che la Dreamworks ha una maledizione terribile, quella di essere contemporanea alla Pixar. In qualsiasi altro momento storico, avremmo potuto apprezzarne la sua ottima tecnica d'animazione, lo storytelling dignitoso, la capacità di fare buoni prodotti per target precisi, di costruire favole furbette e con un buon ritmo. E quando rimane su quel piano, porta a casa la pagnotta. È quando prova ad alzare l'asticella, a cercare di tener testa alla multinazionale di Emeryville, di Toy Story e Wall-E, che mostra tutti i suoi limiti, la sua mancanza di ispirazione, la sua aridità d'immaginario. Persino con il prodotto di Katzenberg e soci tra i più riusciti, Dragon Trainer appunto. Difficile non addormentarsi nella prima parte, fuori tempo nella cadenza di immagini e azione ma pure nell'umorismo imbarazzante, quasi impossibile emozionarsi nella seconda, nonostante la quantità di carne al fuoco: l'amicizia ragazzo-drago, entrambi destinati a una leadership complessa senza perdere la tenerezza, l'amore con una donna emancipata, la possibilità di costruire scene grandiose e momenti epici. Avrebbe tutto Dragon Trainer per farsi amare, se non fosse che non gli credi mai e nel frattempo ha il torto di non riuscire a intrattenerti. È posticcio, buonista, con tratti perfetti quanto senza carisma. Come i suoi protagonisti e il regista Dean DeBlois che hanno un altro difetto in comune: non si prendono mai un rischio vero.
Ultimo aggiornamento: Venerdì 1 Febbraio 2019, 09:12
© RIPRODUZIONE RISERVATA