Enrico Brignano tassista fuori strada nella commedia anticasta

Enrico Brignano tassista fuori strada nella commedia anticasta

di Boris Sollazzo
Enrico Brignano è come il Joker di Joaquin Phoenix. No, non da Oscar: come il pagliaccio del film di Todd Philips non ha mai fatto ridere. E forse, a giudicare dalla punta d'arroganza nel proporsi e dalla malinconia nostalgica che spesso ammanta i suoi monologhi - nascosta dentro e in mezzo a gag di grana grossa e a due, tre abilità linguistiche niente male - non ha mai voluto essere un comico, sognando piuttosto un giorno che lo ricordassero come l'erede di Gigi Proietti. Potremmo dirgli «magna tranquillo, Enrì», ma tutti noi dobbiamo inseguire un grande sogno irrealizzabile. Una cosa li accomuna, però: al cinema, come il suo modello e maestro, non ha mai sfondato. Non ha i tempi, non ha la faccia, non ha i ritmi del grande schermo e solo con Alessio Maria Federici in regia è andato sopra la sufficienza.

Poi te lo ritrovi in Tutta un'altra vita e dici finalmente: sarà per esperienza o ispirazione, ma il suo tassista, protagonista di una nuova commedia anticasta (genere a parte, ormai, fotografato bene dal Modalità aereo di Brizzi), sorprende. Se la trama è l'ennesima variazione sul tema del punisci il miliardario e senza alcun merito sfruttane i privilegi cercando di imitare Borotalco e i Manuel Fantoni veri e presunti di ogni tipo, con un povero cristo che si prende fortunosamente una villa e una vita non sua, lui disegna il suo tapino con delicatezza, col sapore agrodolce della frustrazione di chi si sente perdente dentro, staccandosi dalla commedia sciatta e cinepanettonesca di Pondi.

Uno che pure aveva iniziato in modo molto più raffinato, scrivendo con Petraglia Compagni di scuola (Verdone, ancora lui) e che qui invece ci irrita con caratterizzazioni-macchietta, mortificando, per dirne solo una, con l'ennesima variazione sul ruolo un'attrice straordinaria come Paola Minaccioni (si ostinano a darle il ruolo della popolana moglie di, mentre meriterebbe un Polvere di stelle tutto per lei).

Ci provano qui gli attori a salvare il salvabile, ma sceneggiatura, impostazione narrativa e visiva, standardizzazione registica ci portano dalle parti del peggior Neri Parenti. Senza la sua capacità di surfare sul fango.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 2 Ottobre 2019, 10:50
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