Zero permessi e niente scontrini: ecco il business dei party universitari abusivi

Zero permessi e niente scontrini: ecco il business dei party universitari abusivi

di Marco Pasqua
Il business model scelto è sempre lo stesso, da anni: zero autorizzazioni, nessuno scontrino fiscale per un ritorno economico che motiva la sfida a Questura e Rettorato. Neanche le inchieste della Procura rappresentano un valido deterrente per la macchina dei soldi messa in piedi dagli antagonisti universitari. Che, a dire il vero, di universitario hanno ormai ben poco: molti ragazzi esterni, tanti volti noti alla Digos, che non sembrano avere la laurea tra le loro priorità. Forse, perché tra queste mura, hanno trovato un modo per sfruttare al meglio i rave illegali.

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Organizzati sempre nel Pratone della Minerva, con tanto di palchi, regia luci, impianto audio da far tremare San Lorenzo, come se si dovesse organizzare un concerto vero e proprio. Solo che qui mancano i permessi della Sapienza: che, da parte sua, prima di ognuno di questi eventi, invia sempre una comunicazione alla Questura, senza però richiedere in maniera esplicita lo sgombero del pubblico danzante.
 


Eppure in questi festoni abusivi non viene rispettata nessuna norma sui pubblici spettacoli, sulla somministrazione di cibi e bevande, sulle uscite di emergenza, figuriamoci quelle relative alla presenza degli estintori, e via dicendo. Regole che, nel caso delle discoteche tradizionali, in caso di violazioni, possono portare anche alla chiusura del locale. Ma nella Repubblica indipendente della Sapienza, dove sembrano governare i collettivi e le organizzazioni riconducibili ai centri sociali della Capitale, vale la sola legge dei soldi. Neanche il regolamento interno varato dall'ateneo d'intesa, quindi, con gli stessi rappresentanti degli studenti per l'organizzazione delle feste viene considerato valido. «Difendiamo la nostra libertà di aggregazione», replicano gli abusivi nei loro proclami social. E così, ecco i due momenti principali dei discotecari-universitari: il Teppa Fest (festival della teppaglia, tra aprile e maggio) e la Notte Bianca, a giugno. Sono quelli che attirano il maggior numero di partecipanti, talvolta superando le cinquemila unità (paganti). Oltre a questi due momenti, ce ne sono altri minori, sempre all'interno dell'ateneo. La formula è quella dell'accesso a pagamento o a sottoscrizione (più ipocrita, anche se vengono richiesti almeno tre euro per accedervi), che trasforma un luogo pubblico in una discoteca con ticket di ingresso: solitamente si parte tra 3 euro a persona. Gli affari veri si fanno con gli alcolici: prezzi dai 2 euro, birra e cocktail preparati e serviti senza alcun rispetto delle normative sanitarie (che servono a tutelare i clienti e la loro salute). E poi cibi, magliette, talvolta gadget. Gli spacciatori sono inclusi nel biglietto: facile acquistare fumo, del resto dove c'è domanda deve necessariamente essere prevista un'offerta. C'è poi la costola cinematografica: le proiezioni (abusive) di film, due volte al mese, anche qui con vendita di alcol e cibo. La Lucky Red ha recentemente diffidato gli organizzatori dal trasmettere una pellicola senza i permessi del caso: ma loro sono comunque andati avanti. Polizia e carabinieri conoscono tutti, complice anche la sfilza di denunce collezionata da molti. C'è un'inchiesta della Procura su 21 di queste persone, denunciate dalla Digos, dopo il Teppa fest dello scorso anno: viene ipotizzato il reato di violenza privata. E anche la festa di venerdì potrebbe presto finire in un fascicolo.
 
Ultimo aggiornamento: Domenica 23 Giugno 2019, 12:16
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