Il terremoto M5S scuote il governo: Di Battista sfida Di Maio, Conte e Pd in allarme

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di Emilio Pucci
«Farò pulizia. Nessuno può pensare di fare come gli pare». Di Maio non si ferma. Il prossimo dossier sul suo tavolo è quello delle rendicontazioni. Arriveranno in un primo momento delle sospensioni per chi non si mette in regola. Nel frattempo ad agitare M5S sono diversi fronti. Un altro lo ha aperto ieri Di Battista, dando piena sponda a Paragone, espulso per non aver votato la legge di bilancio.

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«Gianluigi dice il Dibba - è infinitamente più grillino di tanti che si professano tali. Non c'è mai stata una volta che non fossi d'accordo con lui», ricordando le battaglie portate avanti quando M5S «era al 33%». Arriva subito il ringraziamento del senatore: «Ale rappresenta quell'idea di azione e di intransigenza che mi hanno portato a conoscere il Movimento». Paragone promette di ricorrere contro «i falsi probiviri», contro «i cari uomini del Nulla» che si sono schierati per cacciare «lo strano Savonarola»: «Voi dice - avete paura di me perché io ho quel coraggio che voi non avete più. Contro la meschinità del vostro arbitrio mi appellerò. Farò ricorso e se mi gira mi rivolgerò anche alla giustizia ordinaria». L'ex direttore della Padania smentisce ogni approdo nella Lega, ma è proprio il partito di via Bellerio a far trapelare la possibilità di un ricongiungimento: «Porte aperte a chi non si riconosce in un governo con il Pd».

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Anzi, un big lumbard la mette così: «Per i dissidenti M5S che guardano a noi il momento di uscire allo scoperto è ora, dopo non ci sarà più spazio». Sono un paio i senatori che hanno bussato alle porte del Carroccio, chiedendo informazioni. Altri da Giarrusso a Di Marzio se la prendono con il leader e potrebbero uscire. Tuttavia Di Maio si dice convinto che «la maggioranza è salda» e che il provvedimento di espulsione nei confronti di Paragone la blinderà ancora di più: «Così la tesi di un governista si chiuderanno definitivamente i ponti con il passato. Non ci sarà nessuno che porterà avanti le istanze di destra». In realtà non è proprio così, visto che Di Battista spiega un esponente vicino a Di Maio «punta a far saltare l'impianto rosso-giallo, a recuperare peso politico, evocando anche la scissione». Il capo politico non è rimasto sorpreso dall'uscita di Dibba, se l'aspettava ma va avanti: «Io penso al governo del Paese. Chi vuol far male al Movimento se ne assuma la responsabilità», il suo refrain.

LA RACCOLTA FIRME
E' una guerra interna destinata a durare. E il prossimo incendio divamperà sempre al Senato. Dall'8 gennaio partirà infatti una raccolta di firme per cambiare questo l'obiettivo le regole del gioco in M5S. E visto che Di Maio appare per ora inattaccabile, nel mirino finirà innanzitutto Casaleggio. Nel documento che ha già avuto il consenso di una quindicina di senatori ci sarà scritto nero su bianco che la piattaforma Rousseau deve ritornare al Movimento per essere gestita da un gruppo di garanti. «Casaleggio non prende soldi ma non ha alcun titolo per controllarci», osserva uno dei malpancisti.

Anche a palazzo Madama potrebbe quindi nascere ma non prima delle elezioni in Emilia un gruppo autonomo, sempre però nell'area di governo. Nessuno ha intenzione di andare al voto anticipato ma la cacciata di Paragone ha scosso i pentastellati: «Non è una buona idea espellere gli anticorpi», accusa l'ex ministro Lezzi. «Chi non rispetta idee e programmi se ne deve andare», replica però secco il sottosegretario al ministero dell'Interno, Sibilia. Pure i parlamentari vicini a Fico condividono la scelta di Di Maio: «Paragone era ormai una serpe in seno», osserva un deputato. Tuttavia un'ulteriore scossa a M5S arriverà in tempi brevi pure alla Camera. Con l'addio di una decina di deputati i primi Angiola e Rospi che seguiranno l'ex ministro Fioramonti per dar vita al un nuovo soggetto che si chiamerà Eco'.
Ultimo aggiornamento: Venerdì 3 Gennaio 2020, 13:13
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