Andrea Vianello dopo l'ictus: «Non voglio smettere di sentirmi felice nel mondo»

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di Caterina Carpanè
«Sono stato fortunato. Spero di non perdere quella speranza che mi ha accompagnato in questo anno così difficile». Domenica 2 febbraio saranno passati esattamente dodici mesi da quando Andrea Vianello è stato colpito da un ictus e, al risveglio, ha scoperto di non essere più in grado di parlare. Lui, che le parole le macinava ogni giorno, che con le parole lavorava, non sapeva più nemmeno ripetere i nomi dei suoi figli.

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Dopo il bagno di folla al Maxxi di Roma, Vianello ha presentato ieri a Milano «Ogni parola che sapevo» (Mondadori), il libro in cui racconta questa lunga, difficile, ma vittoriosa ripresa. Accompagnato da Massimo Gramellini e l’amica Paola Pierri, il giornalista ha ripercorso l’anno appena trascorso, dal momento in cui si è accorto di non riuscire più a muovere una mano alla scoperta di non poter parlare sino al ritorno per la prima volta in pubblico.

«È stato un periodo duro: il corpo aveva smesso di funzionare e senza le parole mi sentivo sfigurato -, ha dichiarato Vianello, - Ma ci tengo a raccontare questa storia per dare voce anche a chi ancora voglia o forza non ne ha».

Come ha ricordato Gramellini, l’ictus è la seconda causa di morte al mondo, una patologia ancora tabù sui media italiani: «Ecco perché il lavoro di Andrea è importante: è un atto di generosità verso tante famiglie che ne sono colpite». Il ricovero d’urgenza all’Umberto I, poi la riabilitazione e le tante sedute di logopedia alla clinica Santa Lucia, la paura continua che l’ictus potesse ripetersi e che le parole non sarebbero mai più tornate: «All’inizio non volevo vedere i miei figli: avevo quest’idea stupida che il padre dovesse essere sempre quello forte. Li ho incontrati solo due settimane dopo, in occasione del compleanno di mio figlio Goffredo: ho capito che avevo sbagliato. Non mostrandomi avevo solo fatto crescere la loro paura», ha confessato Vianello. Che ha trovato negli amici la forza per raccontare la sua esperienza in un libro, anche perché inizialmente le difficoltà non erano solo vocali, ma pure di scrittura: «Sapevamo che era un grande scrittore, - ha rivelato l’amica di sempre Paola Pierri, - Lo invitavamo continuamente a scrivere, ora finalmente lo ha fatto».

Sono stati in tanti a sostenere il giornalista nella terapia: medici, sanitari, familiari e amici, compresi quelli rossoneri, come Carlo Pellegati presente in sala: «Abbiamo una chat di Whatsapp in cui parliamo esclusivamente del Milan. All’inizio io non riuscivo a scrivere, ma leggevo tutto: mi hanno fatto compagnia, mi sono sentito meno solo nel mondo», ha spiegato Vianello, sempre con serenità e sorriso. Una disposizione d’animo che è anche un augurio per il suo futuro: «So che posso migliorare, faccio ancora sedute di logopedia, così importante per il recupero. Voglio tornare a lavorare, ad arrabbiarmi per cose futili, ma senza mai dimenticare quello stupore della vita che provo ogni giorno, la sensazione di svegliarmi ed essere felice nel mondo».
 
 

Ultimo aggiornamento: Venerdì 31 Gennaio 2020, 17:53
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