L'ictus colpisce di più le donne: il divario di genere incide anche sulla salute


di Vanna Ugolini
Corri di qui, corri di là, un occhio alla famiglia, l'altro puntato sul lavoro, alla spesa da ritirare, ai bambini da seguire in un susseguirsi micidiale di cose in contemporanea. Donne multitasking si sa, ma purtroppo, sempre più a rischio di ictus. Valeria Caso, neurologa, italo tedesca, 53 anni, past-president della più grande organizzazione europea sull'ictus, l'European Stroke Organisation, di cui ora è presidentessa emerita, lancia l'allarme. «L'ictus ischemico ha una elevata prevalenza nelle donne. Rappresenta una delle principali cause di mobilità e mortalità: le statistiche internazionali classificano l'ictus come la quinta causa di morte nel sesso maschile e la terza nel sesso femminile. La salute delle donne colpite da ictus è molto diversa da quella degli uomini, sia per quanto riguarda il recupero sia per quanto riguarda la disabilità».

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Anche sulla salute esiste una disparità di genere?
«L'ictus è un disturbo della circolazione sanguigna nel cervello, dovuto alla rottura o alla chiusura di un vaso e colpisce maggiormente le donne. Quando ne è colpito un uomo il decorso della malattia è seguito bene. L'uomo è protetto da quella che io chiamo la fortezza rosa: ci sono tante donne pronte ad occuparsi di lui. La donna, invece, è più lasciata a se stessa. Va più tardi in ospedale - e mai come per questa malattia il fattore tempo è determinante. Noi medici riusciamo ad avere buoni esiti se si interviene entro le 4 ore. Non solo, la donna ha meno disponibilità economica quindi è costretta a riprendere prima il lavoro, si cura di meno: manca il filo conduttore che organizza la sua cura e quindi la stessa lesione, la stessa disabilità hanno spesso esiti diversi nell'uomo rispetto alla donna. Nella mia esperienza ho incontrato anche situazioni limite. Ad esempio una donna marocchina, per paura di essere rimandata in Marocco dal marito, lavorava come prima nonostante la disabilità, con conseguenze gravi. Se fosse stata un paziente uomo non sarebbe successo. L'altra cosa che vedo nelle donne è la pretesa di arrivare a svolgere le mansioni che svolgeva prima nonostante la malattia, con uno sforzo che, a volte, è esagerato. Quando c'è un malato in casa se ne occupa sempre la donna e questo non è giusto. Deve esserci una condivisione, altrimenti la salute delle donne salta».

Quindi la mortalità delle donne colpite da ictus è più alta e si potrebbe evitare?
«Le donne nell'arco della vita hanno un rischio più elevato dopo i 65 anni, ed anche maggiore mortalità, disabilità, depressione e demenza post ictus rispetto all'uomo. I fattori di rischio per ictus, e quindi le strategie per la sua prevenzione, differiscono nelle varie epoche della vita di una donna. Uno dei messaggi più importanti che voglio ribadire è la protezione: inizialmente pensavo che la patologia dell'ictus della donna fosse più che altro dovuta a fattori biologici. In seguito ho visto che a parte i momenti chiave - e cioè in gravidanza, quando si fa uso della pillola, quando si è in menopausa e per le grandi anziane - è soprattutto la situazione sociale che fa la differenza. Se diamo le stesse cure e le stesse possibilità alla donna, il recupero è uguale. Invece la mortalità intra-ospedaliera ictus in Italia è intorno al 6 per cento, ma quasi il doppio delle donne rispetto agli uomini muore nel primo mese dall'evento» .
Salvarsi da un ictus dipende anche dal contesto sociale?
«Certamente. La salute della donna va anche considerata dal punto di vista del care-giver, dell'assistenza, una attività generalmente di stretto appannaggio femminile. Su questo l'Oms è stato chiaro: se venisse retribuito alle donne questo lavoro il Pil potrebbe crescere del 2,4 %».

La maggiore incidenza della mortalità da ictus non dipende dal fatto che le donne vivono più a lungo?
«L'Oms ha detto che non è giusto discriminare una donna perchè vive più a lungo. Dobbiamo permettere alla donna di vivere bene anche quando è una grande anziana. Oggi viviamo di più ma nell'ultima parte della nostra vita spesso non siamo in salute».

Essere multitasking non è proprio un fattore positivo per la salute...
«Questo nostro talento, in quale modo, ci è stato imposto quando siamo entrate in massa nel mondo del lavoro. Ma è sbagliato fare più cose insieme, dobbiamo portare avanti il nostro lavoro e non essere interrotte».
 
Ultimo aggiornamento: Venerdì 17 Maggio 2019, 13:18
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