Phil Manzanera, l'ex Roxy Music a Villa Ada - Roma per celebrare Mandela e Gandhi

Phil Manzanera, dai Roxy Music alla celebrazione di Mandela

di ​Claudio Fabretti
«Siamo musicisti provenienti da ogni parte del mondo, con storie e stili diversi. Ci unisce solo il desiderio di creare qualcosa di bello, nel nome della libertà dei popoli». È un Phil Manzanera in chiave neoglobal, quello che gli spettatori ritroveranno stasera sul palco di Villa Ada per The Liberation Project, il concerto organizzato in occasione del 25° anniversario della democrazia in Sudafrica, del Mandela Day e dei 150 anni di Gandhi. Leggendario chitarrista dei Roxy Music, nonché compositore e produttore, l’infaticabile Philip Targett - Adams si è gettato con entusiasmo in questa nuova sfida.

Come è stato coinvolto nel progetto del Liberation Concert?
«Il mio amico ferrarese Dan Chiorboli mi ha invitato a unirmi a questo show, con canzoni dei partigiani italiani, brani sudafricani anti-apartheid, inni della rivoluzione cubana. Tra i musicisti ci sono Cisco Bellotti (ex-Modena City Ramblers), il maestro guineano della kora N’Faly Kouyatée e tanti altri. Può capitare perfino di ascoltare canzoni dei Roxy Music in mandinka».

Esiste anche un album tratto dai concerti?
«Sì, un triplo album. E l’anno prossimo ne uscirà un altro, stavolta singolo, in cui spero di coinvolgere anche Jovanotti».

È ancora in contatto con Bryan Ferry e gli altri Roxy Music?
«Abbiamo suonato 4 mesi fa a New York per celebrare l’ingresso dei Roxy Music nella Rock’n’Roll Hall of Fame. Ora con Andy Mackay (il sassofonista della band, ndr) parteciperò al progetto Roxymphony: faremo dei concerti affiancati da un’orchestra, presentando la nostra musica in versione sinfonica. Ne sarà tratto un disco a settembre. E sono in contatto anche con Brian Eno (membro del primo nucleo del gruppo, ndr).

Qual è il suo album preferito dei Roxy Music?
«Il secondo, For Your Pleasure».

Ha un rapporto speciale con la musica italiana, anche perché suo nonno era di Napoli…
«Già, era un musicista d’opera. Sono anche stato Napoli in cerca dei suoi dischi, ma non ho ancora trovato nulla».

Ha conosciuto anche Pino Daniele.
«Venne a trovarmi al mio studio in Inghilterra. Suonava con il cuore: faceva blues classico ma in versione napoletana. Ed era una persona speciale. È stata una gioia conoscerlo e fare una tournée insieme».

Che cosa pensa della musica di oggi?
«Ci sono tanti artisti validi. Quello che non c’è, è un nuovo Bob Dylan, un nuovo Jimi Hendrix, un nuovo Miles Davis».

C’è qualche band che le ricorda i Roxy Music?
«I Black Midi, una strana rock band inglese: sono la cosa più originale che mi è capitato di ascoltare dai tempi dei Radiohead. Ma servono anche un sound e un produttore, noi siamo stati fortunati a incontrare Chris Thomas, ex-braccio destro di George Martin. Abbiamo imparato molto dalla tradizione dei Beatles e di Abbey Road».

Lei stesso è diventato produttore, per artisti come John Cale, Nina Hagen, David Gilmour e gli ultimi Pink Floyd.
«È stata una sfida, ma ha funzionato. I dischi di maggior successo sono stati quelli con Gilmour, poi l’ultimo dei Pink Floyd. Ho prodotto anche artisti di lingua spagnola, come Héroes del Silencio, Enrique Bunbury e Draco Rosa. Ma ora mi sa che smetto».

Perché?
«Richiede un sacco di tempo e di energie. Poi devi essere un bravo psicologo con i musicisti. È troppo faticoso!».
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Ultimo aggiornamento: Lunedì 22 Luglio 2019, 07:40
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