Geppi Cucciari: «Non sono "Perfetta", ma le donne sì»

Geppi Cucciari: «Non sono "Perfetta", ma le donne sì»

di Alessandra De Tommasi
Geppi Cucciari inizia il 2020 continuando a portare in scena Perfetta, l’ultimo lavoro scritto e diretto dal 47enne Mattia Torre, scomparso a luglio scorso, noto al grande pubblico soprattutto per la serie tv Boris a cui hanno partecipato anche artisti come Paolo Sorrentino. Il monologo racconta di una donna, venditrice d’auto, moglie e madre alle prese con quattro martedì del mese scanditi dalle fasi del ciclo. Tante risate, certo, ma con un retrogusto profondo e a volte amaro.

Inaugurare l’anno nuovo a teatro porta bene?
«Per me sì, perché rispetto alle altre cose – come la tv – che pure amo moltissimo fare, il palco mantiene intatta una bellezza a cui non riesco ad abituarmi mai perché il pubblico si veste, esce da casa e viene in sala, insomma scegliere di essere lì con te».

La tappa romana?
«Torno a Roma con grande emozione ma anche tanto dispiacere perché questa è la città di Mattia Torre e andare in scena senza di lui proprio qui mi sembra una responsabilità ancora maggiore».

Chi era Mattia per lei?
«Prima ancora di essere il regista e l’autore di questo spettacolo, è un amico da oltre 15 anni, una presenza che tuttora sento nella mia vita e che mi accompagna in modo speciale tutte le sere in scena».

Questo spettacolo è diventato, in maniera involontaria, una sorta di testamento artistico, non crede?
«È una lettera d’amore per le donne e per sua moglie che l’ha ispirato, perché lavora come ostetrica e Mattia si è documentato a lungo, studiando e consultando vari medici, su questo tema. Perfetta è una celebrazione e un omaggio al genere femminile, che viene raccontato senza luoghi comuni o modi di dire».

I toni non sono comici al cento per cento, vero?
«Anche se non rinnego le mie origini nel cabaret, ormai sono passati 15 anni da Zelig e spero di aver dimostrato di poter aggiungere contenuto alla comicità, magari con una risata in meno e un pensiero in più. Questo però resta in assoluto il mio primo monologo non comico, che ha il desiderio di lasciare qualcosa al pubblico anche quando cala il sipario. Perfetta ha più di un sapore».

Chi è la donna “perfetta” di cui parla il titolo?
«Il testo non intende sancire la superiorità di nessuno, anzi credo che tutto ciò che riguarda le donne coinvolga anche gli uomini con cui vivono. Il ragionamento dello spettacolo, però, non ha la presunzione di valere per tutto il genere femminile ma ci si riconosce più di quanto non si creda, magari in tutti i martedì contemporaneamente. C’è poi chi è più friabile nell’emotività e chi si comporta sempre da isterica, mai quindi generalizzare. Si può dire però che in generale noi donne tendiamo a fare qualcosa in più, a sobbarcarci delle incombenze o delle preoccupazioni maggiori, in casa e fuori».

Perfetta parla anche di femminismo portato all’estremo, come il free bleeding?
No, non indugia su questo genere di dettagli, parla dell’emotività, in maniera poetica ed elevata. Non dice che siamo ostaggi del ciclo, ma lo racconta come strumento di unicità e complessità.

Quale augurio indirizza a se stessa e al pubblico in questo 2020?
«Sono nell’età in cui ogni augurio parte dalla sua salute, quindi in un mondo con i valori del sangue a posto auguro a tutti che anche gli altri organi siano in grande spolvero e che ognuno abbia le idee chiare e sappia trovare il modo di metterle in pratica».


 
Ultimo aggiornamento: Martedì 7 Gennaio 2020, 09:25
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