Beatrice Venezi: «Chi ha detto che dirigere un'orchestra è da maschi?»

Beatrice Venezi: «Chi ha detto che dirigere un'orchestra è da maschi?»

di Rita Vecchio
Se si potesse catapultare nel mondo pucciniano, non solo con la bacchetta di direttore d’orchestra, Beatrice Venezi vestirebbe i panni di Minnie. E come l’impavida eroina della Fanciulla del West del suo conterraneo (stessa città di nascita, Lucca), il giovane maestro - che a ventinove anni sale sui podi con bellezza eterea e abiti sognanti, fisico statuario, occhioni grandi e lunghi capelli biondi, amante di pilates e di viaggi, cresciuta a pane e Puccini (e a sorpresa anche della band britannica dei Massive Attack), menzionata dalla rivista Forbes tra gli under 30 leader del futuro, attiva in campagne contro le discriminazioni, e scelta da Andrea Bocelli (con cui si esibirà a novembre a Miami) per il suo Teatro del Silenzio - venerdì 18 ottobre pubblica il primo disco MY JOURNEY - Puccini’s Symphonic Works con l’Orchestra della Toscana. «Per me dirigere è una missione: voglio sdoganare il preconcetto che c’è attorno a questo ruolo». 

Come pensa di fare?
«Con il consenso del pubblico, lavorando perché la musica classica sia sinonimo di libertà, perché torni a essere pop e non solo appannaggio dell’élite». 



Questa Italia è pronta? 
«É indietro. Ci vorrebbero tante riforme, prima su tutte quella dell’educazione musicale nelle scuole. Come è adesso, è inaccettabile».

Come è essere donna in un mondo di maschi?
«Non facile. Ma chi lo dice che il direttore d’orchestra debba essere maschio? Sono stata la prima donna a dirigere in paesi chiusi come l’Azerbaigian. A Teheran la tappa è saltata (sarei stato il primo cattolico occidentale in orchestra ambo-sessi) e in Giappone volevano che indossassi il tight, mi rifiutai e vinsi».

Discriminazione nei teatri?
«Vorrei conoscere i cachet di colleghi maschi. Credo ci siano discrepanze. D’altronde, quando si dice fare “leadership”, non si allude sempre e solo agli attributi “maschili”?».

Si parla di MeToo e avance. Ha subito anche lei?
«La battuta ci sta, ma si deve fermare lì. E l’orchestra, per fortuna, premia il merito e non la bellezza». 

C’è invidia tra colleghe?
«Quella c’è ovunque… In più, siamo legati allo stereotipo che la donna di cultura sia brutta e non curata».

Scelga una donna pucciniana che le somiglia
«Minnie: la più combattiva di tutte. Quella forte e decisa, che tiene a bada gli uomini, che se la cava da sola».

Puccini potrebbe essere oggi un trapper?
«No (ride). Ma un influencer, sicuramente». 

Dirigerebbe al Festival di Sanremo?
«Io sì, ma il giorno dopo non lavorerei più. In questo paese? Ci si prende troppo sul serio. L’Italia è il mercato più chiuso e difficile per me in questo momento».

Sarà alla prima della Scala con Tosca diretta da Chailly?
«Purtroppo non potrò. Ma mi piacerebbe molto confrontarmi con il Maestro, soprattutto su questo repertorio che lui stesso ha inciso negli anni Ottanta».
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Ultimo aggiornamento: Giovedì 17 Ottobre 2019, 19:30
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