Veronica, sorpresa dall'autopsia a Brescia. «La ragazza non è morta per la meningite»

Video
«Non è stata meningite, ma una infezione generalizzata fulminante non prevedibile. Il liquor era pulito e le meningi intatte. Il batterio all'origine di questa infezione è il meningococco di tipo C»: lo ha detto il direttore generale degli Spedali Civili di Brescia Gianmarco Trivelli parlando di Veronica, la studentessa di 19 anni morta nella notte di lunedì dopo un malore accusato sui banchi dell'università.
 
 

Dopo l'autopsia eseguita questa mattina, il sostituto procuratore Lorena Ghibaudo ha firmato il nullaosta alla sepoltura. «Domani Veronica torna a casa», ha detto la mamma della ragazza. I funerali saranno celebrati lunedì alle 14.30 a Villongo, nella Bergamasca.

LA VICENDA

Sarà l'autopsia disposta dalla Procura di Brescia a stabilire la natura della meningite che ha ucciso Veronica Cadei, la studentessa universitaria di 19 anni, originaria della provincia di Bergamo, morta nella notte tra lunedì e martedì agli Spedali civili di Brescia. Il pm bresciano Lorena Ghibaudo ha aperto un'inchiesta per omicidio colposo e domani sarà eseguita l'autopsia sul corpo della ragazza che ha accusato i primo dolori a testa e collo mentre si trovava in università dove frequentava il primo anno di matematica. «Ci avevano detto che era una gastroenterite acuta e ora chiedo di sapere come si è arrivati alla morte di mia figlia. Si poteva evitare o doveva finire così?» chiede la madre della giovane, che aveva parlato lunedì sera in ospedale per l'ultima volta con la figlia. «Poi al mattino alle tre ci hanno chiamati per dire che il quadro era peggiorato e alle sette del mattino Veronica aveva smesso di vivere». Il direttore generale del Civile di Brescia Gianmarco Trivelli è sicuro: «Abbiamo fatto quello che c'era da fare. È un dramma perdere una figlia di 19 anni. Siamo a disposizione della magistratura».

È invece al momento solo un'indagine interna a provare a far luce su quanto accaduto lo scorso 20 novembre all'ospedale di Romano di Lombardia, nella Bergamasca, dove una donna di 42 anni si era presentata al Pronto soccorso con dolori al petto e al braccio. Dopo le dimissioni, una volta a casa la donna ha avuto un infarto e ora lotta tra la vita e la morta all'ospedale di Chiari. Si tratta della mamma del ragazzo che era al volante dell'auto che il primo novembre 2017 si schiantò contro un muro a Palosco nella Bergamasca. A bordo c'erano cinque persone e due morirono, un 13enne di Rudiano in provincia di Brescia e un 17enne di Palosco, entrambi di origini romene. «Denuncio l'ospedale di Romano Lombardia perché non è possibile che mia moglie sia stata dimessa nonostante continuasse a dire di avere dolori» dice il marito della donna. «L'hanno trattata male dicendo »signora, lei sta meglio di tutti noi«. E invece mezz'ora dopo essere arrivata a casa ha avuto un infarto e ora è in coma» denuncia il marito della 42enne. «Peter Assembergs, direttore generale dell'Asst Bergamo Ovest, ha dato immediato mandato al direttore sanitario, Callisto Bravi, di istituire una Commissione di inchiesta interna multidisciplinare, composta da comprovati professionisti, per verificare con precisione quanto accaduto al Pronto soccorso di Romano di Lombardia il 20 novembre scorso e le eventuali responsabilità.

La commissione, già costituita, avrà tempo fino a venerdì per relazionare e far chiarezza sul caso della signora» fa sapere in una nota l'Asst di Treviglio. «Certo è - ha detto l'avvocato Massimiliano Battagliola, legale della famiglia - che la signora è stata portata d'urgenza al Pronto soccorso più vicino con sintomi d'infarto di macroscopica evidenza e rimandata al medico curante con la diagnosi di dolore toracico e con prescrizione di terapia anti dolorifica».

Ultimo aggiornamento: Giovedì 5 Dicembre 2019, 20:17
© RIPRODUZIONE RISERVATA