Schianto in moto a Napoli, Roberto Palma morto a 17 anni: donati gli organi, il dolore a scuola

Schianto in moto, Roberto muore a 17 anni: donati gli organi, il dolore a scuola

di Elena Romanazzi
Ha scritto un docente per salutare Roberto: «Occorre dare un senso a qualcosa che un senso non ce l’ha». La morte prematura di un figlio un senso non lo può mai avere. Si cercano le ragioni, si affoga nei perché, ci si aggrappa alla fede e ai ricordi di tutti i momenti vissuti. Si cerca di lasciare qualcosa di concreto del proprio figlio. Si mette da parte l’egoismo con un ultimo atto d’amore, la donazione degli organi. Dare vita, occhi, superando la sofferenza interiore per tendere la mano a chi aspetta una chance. È stata questa la scelta di Daniela e Pasquale, genitori di Roberto Palma, 17 anni compiuti il dicembre scorso. Roberto se n’è andato dopo un mese trascorso tra due ospedali in terapia intensiva, prima al Cardarelli e poi al Monaldi, dove si è spento e dove i medici hanno tentato l’impossibile. I gravi traumi riportati in seguito ad un incidente avvenuto in sella al suo scooter in via Epomeo (era il 15 febbraio) hanno compromesso irrimediabilmente il suo fisico, anche se forte e ben piazzato.

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IL DOLORE
«Oggi in paradiso si è aggiunto un Angelo, riposa in pace figlio mio. Ti amo, il Signore è al tuo fianco». Scriveva così due giorni fa il padre Pasquale Palma. L’aveva sostenuto in questi lunghi giorni in ospedale, dove poteva vedere il suo ragazzo solo dietro un vetro. «Combatti mio guerriero, testardo e duro all’esterno quanto buono e dolce dentro... continua a combattere, io sono al tuo fianco, non mollerò mai, io ti aspetto per continuare una vita insieme». Non è andata così. Purtroppo. Una famiglia, la mamma Daniela, il padre Pasquale, e un fratello più piccolo, spezzata dal dolore. E una scuola, il Lucrezio Caro in lutto.

Questa ragazzone con il sorriso contagioso lo conoscevano e lo amavano tutti. Alto, giocherellone, la battuta sempre pronta, orgoglioso e con tanta voglia di farcela dietro i banchi. Ogni anno, ne aveva fatti tre, esultava per non aver preso dei debiti, ce la metteva tutta - spiegano tra le lacrime i docenti - si impegnava e poi lo amavano tutti. «Chi non conosceva Roberto - aggiunge un’altra docente - tutti sapevano chi era, qui le classi di pomeriggio si mescolano, ci si conosce, si condivide. E Roberto si faceva amare».

La sua classe, la terza sezione G. Francesco, Martina, Giulia, Vincenzo, Rosaria, Flavia, Anna, Alessandro, Alessio. Sono solo alcuni dei nomi dei suoi compagni, dei suoi amici. In questo mese hanno atteso che la situazione migliorasse. «È stazionario - dicevano - ce la farà». Lo speravano tutti tanto che avevano rinunciato senza batter ciglio ad una gita che si sarebbe dovuta tenere a breve a Firenze. Il coro di no era stato netto e unanime: «Aspettiamo che Roberto si rimetta in sesto e poi partiamo, senza di lui non si va da nessuna parte».

Una delle anime della classe non ce l’ha fatta. La dirigente scolastica Carmela Annunziata, gli alunni, i prof, gli amici, i genitori si sono raccolti ieri in preghiera alla Signora di Fatima in via Piave. «Il dirigente scolastico - si legge in un annuncio pubblicato sull’home page della scuola - i docenti e il personale tutto, unitamente agli studenti del liceo, si stringono alla famiglia di Roberto condividendo il loro dolore e ricordano a quanti lo hanno conosciuto, o solo incrociato, l’allegria e la spontaneità che hanno caratterizzato il suo “vivere la scuola”, sempre con un sorriso contagioso». Tutti avevano pregato per lui. A partire dai suoi compagni in due diversi gruppi di preghiera, uno dai padri Pallottini, l’altro da don Gennaro Matino. Cercavano conforto. E davano conforto alla famiglia di Roberto che non ha smesso mai di sperare. Fino al coma irreversibile. E la fine.

L’INCIDENTE
La data dei funerali non è stata fissata. Ma ieri era un mese esatto da quel terribile incidente del 15 febbraio. È accaduto di pomeriggio, non erano neanche le 16, percorreva forse la corsia preferenziale di via Epomeo con un suo amico coetaneo (se l’è cavata con 40 giorni di prognosi), andava forse un pochino veloce compatibilmente con lo scooter, aveva il casco come anche il suo amico. Una macchina è sbucata ad un incrocio, lui avrebbe cercato di evitarla, è volato in aria ed è andato a sbattere violentemente contro uno dei paletti posti sul marciapiede. L’impatto è stato fortissimo. Sul posto intervenne la sezione della municipale di Soccavo, furono effettuati i rilievi di rito, ascoltati anche i testimoni e la stessa conducente della Peugeot. Un fascicolo che per l’autorità giudiziaria resta ancora aperto. Al quale i genitori di Roberto penseranno solo in un secondo momento. Ora è il momento del dolore.

Ultimo aggiornamento: Sabato 16 Marzo 2019, 12:44
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