Vittime dei bulli perché gay, due amiche 11enni si tolgono la vita a pochi giorni di distanza


di Federica Macagnone
Madissen e Sophia erano due ragazzine "toste": belle, intelligenti, solari e brave a scuola. Amiche per la pelle, innamorate l'una dell'altra e con il coraggio, a soli 11 anni, di fare coming out e dichiararsi apertamente gay in un mondo che ancora oggi è capace di sputare veleno e odio nei confronti degli omosessuali. Supportate dalle loro famiglie, di vedute aperte e comprensive, ma indifese di fronte ai bulli, agli odiatori di professione, alle battutine sarcastiche, alle risatine e agli attacchi volgari che non hanno risparmiato loro nulla, sono rimaste entrambe schiacciate da quegli attacchi pagando il loro coraggio con la vita.



Madissen si è uccisa sparandosi con la pistola del padre il 2 gennaio 2017 nella sua casa di Devil's Lake, nel North Dakota, Sophia l'ha seguita due mesi dopo, il 20 febbraio 2018, impiccandosi nella sua abitazione di St. Michael, nella Spirit Lake Reservation. Due tragedie che nessuna delle persone intorno a loro si sarebbe mai aspettato: né i genitori, né gli insegnanti. Nessuno conosceva i dolori e le angosce di quel mondo segreto in cui le ragazzine, come tanti altri adolescenti, vivevano: tutti pensavano di conoscerle a fondo e di sapere tutto di loro, ma la realtà era un'altra, nascosta sotto le apparenze, impenetrabile per gli occhi degli adulti. E che è venuta alla luce solo recentemente, quando ormai era troppo tardi.



Shane Paulsen, 46 anni, padre di Madissen Foxx Paulsen, e Angela Leaf, 33 anni, madre di Sophia Leaf-Abrahamson, hanno parlato in questi giorni per la prima volta della tragedia che li ha colpiti con il Mail Online, raccontando di come le figlie avessero affrontato con loro, apertamente e senza vergogna, il tema della loro sessualità. «Sophia - dice Angela - mi  chiese se poteva parlare con me, e io le risposi che poteva parlarmi di qualsiasi cosa, di non avere mai paura di parlarmi. Lei sbottò dicendo "Penso che mi piacciano le ragazze". Le dissi che per me non c'erano problemi, se lei e Madissen avevano quei sentimenti io non avrei avuto nulla da dire: sono cose che fanno parte della vita, io amavo mia figlia e non mi importava quali gusti avesse».

«Un giorno - racconta Shane - Madissen, Sophia e io eravamo in un Burger King e mia figlia, indicando Sophia, disse: "Questa è la mia ragazza e tu non puoi farci niente, papà». Madissen aveva messo in dubbio la sua identità, ma a me non importava se le piacessero i ragazzi o le ragazze, l'importante per me era che stesse bene".
Ma Maddisen non stava bene: i veleni dei bulli e i commenti feroci, a scuola come sul web, avevano già colpito lei e la sua fidanzatina. E nessuno lo sapeva. La sera del 1 ° dicembre 2017, Shane trascorse gli ultimi felici con Madissen parlando con lei seduta sulle sue ginocchia. Poi bevve una birra e si addormentò. Fu svegliato all'alba da uno sparo: corse nella camera della ragazzina e la trovò morta, uccisa da un colpo di pistola alla testa. Madissen aveva preso le chiavi della cassaforte dove il padre custodiva l'arma mentre lui dormiva e aveva deciso di farla finita. «Da allora non ho più voluto armi in casa mia, quella pistola l'ho fatta a pezzi» dice con un senso di rimorso. Ma forse Madissen si sarebbe uccisa lo stesso in un altro modo: poco tempo prima, come Shane venne a sapere solo dopo la tragedia, la figlia aveva già tentato di impiccarsi in un armadio. 

La morte della ragazzina ebbe un effetto devastante su Sophia, che per tutto il periodo successivo alla morte dell'amica, da cui era inseparabile, non faceva altro che piangere. «Non voleva andare a scuola - dice la madre Angela - perché aveva paura di quello che la gente avrebbe detto e non riusciva a realizzare che Madissen non ci fosse più». Fino a quando, il 20 febbraio 2018, decise di seguire in cielo l'amica che amava impiccandosi nel seminterrato. Due tragedie nel giro di meno di tre mesi che hanno lasciato impietrita un'intera comunità, ma non quei pochi imbecilli che, persino in quell'occasione, riuscirono ad avere la sfrontatezza di bullizzare il fratello minore di Sophia sfottendolo per la morte della sorella. Un muro di odio che troppo spesso gli adulti non vedono e che troppo spesso fa vittime innocenti. 

La scuola frequentata dalle due ragazzine non ha mai commentato le due tragedie. «Non so cosa le persone insegnino ai loro figli - dice Shane - e non conosco abbastanza gli insegnanti per sapere come affrontano questi problemi. Certo è che fatti come questi non rappresentano il tipo di pubblicità che una scuola vuole: due bambine della stessa età che nell'arco di poco più di due mesi si suicidano, vittime del bullismo, rappresentano un grosso problema. E infatti in quella scuola c'è un problema reale, e posso dirlo con coraggio, perché so che i fenomeni di bullismo continuano e la gente continua a guardare dall'altra parte».
Ultimo aggiornamento: Giovedì 10 Gennaio 2019, 22:08
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