Shutdown, intesa Trump-Congresso per fine blocco attività governative

Shutdown, intesa Trump-Congresso per fine blocco attività governative
Il presidente americano Donald Trump e i leader del Congresso hanno raggiunto un accordo per riaprire il governo federale e porre temporaneamente fine allo "shutdown", come viene definito il blocco parziale delle attività che dipendono dall'esecutivo determinato dalla mancata approvazione della legge di bilancio con il rifinanziamento di una parte delle amministrazioni federali. Il Senato americano ha varato la legge che permette di porre fineallo shutdown finanziando il governo federale per tre settimane, fino al 15 febbraio. Ora è attesa la firma del presidente americano Donald Trump.​

La paralisi rischiava di lasciare 800mila dipendenti federali senza stipendio per il secondo mese consecutivo. Fonti della Casa Bianca e di Capitol Hill spiegano che nel frattempo andranno avanti i negoziati sulla proposta di finanziare il muro col Messico. Questo shutdown, lungo 35 giorni, è stato il più lungo della storia americana. 

Alla fine dunque Trump cede e dà il via libera a un compromesso con i leader del Congresso che pone fine, almeno per tre settimane, all'incubo dello shutdown. E lo fa senza pretendere che nell'intesa ci sia il minimo cenno alla costruzione del fatidico muro al confine col Messico: di questo si parlerà nei prossimi giorni, al tavolo dei negoziati che partiranno immediatamente per arrivare a un accordo complessivo entro il 15 febbraio.

La svolta arriva alla fine di una giornata drammatica per il presidente americano, svegliato all'alba dalla brutta notizia dell'arresto di uno dei suoi più fedelissimi consiglieri, Roger Stone, nell'ambito del Russiagate. Ma a farsi insostenibile sulla Casa Bianca anche la pressione delle disastrose conseguenze che la paralisi del governo federale, giunta al suo 35mo giorno, stava provocando. E non solo per gli 800 mila dipendenti costretti a casa e per il secondo mese di fila senza paga. Le ultime notizie erano di una situazione sempre più caotica nei principali aeroporti costretti a lasciare a terra gli aerei e a cancellare i voli per mancanza di personale, a partire dai controllori di volo e dagli addetti alla sicurezza. Come accaduto negli scali newyorchesi di La Guardia e Newark o in quello di Philadelphia. E poi il rischio di una vera e propria rivolta in diverse amministrazioni: come dimostra la situazione all'Irs, l'agenzia federale delle entrate, dove nonostante l'ordine di presentarsi al lavoro anche senza paga per far fronte ai rimborsi fiscali in 14 mila dipendenti sono rimasti a casa rifiutandosi di prendere servizio. Senza contare
l'allarme lanciato dall'Fbi a corto di soldi per le indagini su criminalità e terrorismo.

Insomma, la linea dura e intransigente rischiava di diventare un vero e proprio boomerang per il presidente che, dopo il lungo braccio di ferro con la speaker della Camera Nancy Pelosi, si è arreso, scegliendo la via del compromesso piuttosto che un ulteriore strappo: quello della proclamazione dello stato di emergenza di cui, affermano alcuni media, esiste già una bozza, pronta ad essere ufficializzata se Trump lo dovesse ritenere opportuno. Insieme a 7 miliardi di dollari per il muro che sarebbero stati racimolati scandagliando nei bilanci dei vari ministeri.

Ma per ora il tycoon ha deciso di evitare l'escalation, e lo ha fatto parlando alla nazione dal Rose Garden della Casa Bianca, visibilmente stanco, amareggiato, frustrato. E mettendo l'accento sulla necessità di trovare a tutti i costi una
soluzione per affrontare il problema della sicurezza al confine col Messico. Una soluzione che - ha spiegato - sarà studiata da una commissione bipartisan: «Serve una proposta immediata - ha detto - e la realizzazione di un muro, di una barriera o di come volete chiamarla deve essere parte della soluzione». Canta vittoria invece Nancy Pelosi, la donna più potente di Capitol Hill che per il momento ha vinto il duello con la Casa Bianca e fa ben sperare i democratici in vista della campagna elettorale per il 2020. Intanto anche Wall Street brinda all'intesa e chiude la settimana con una seduta in netto rialzo. 

Tra gli americani intanto monta lo scontento verso Trump per lo shutdown. Secondo un nuovo sondaggio di Washington Post-Abc News diffuso poco prima dell'intesa, il 58% degli americani è insoddisfatto dal presidente. Si tratta del 5% in più di tre mesi fa. Il campione considera lui e i parlamentari repubblicani responsabili dello shutdown più di quanto non lo siano i democratici. Oltre un americano su cinque si è detto personalmente colpito dalla paralisi parziale del governo federale, la più lunga della storia Usa. 







 
Ultimo aggiornamento: Sabato 26 Gennaio 2019, 22:01
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