Decugnano dei Barbi, nelle terre di Orvieto il vino dalla storia millenaria

Decugnano dei Barbi, il vino degli antichi

di Alessandro Brizi
Uno dei più antichi territori vinicoli d’Italia è quello di Orvieto. Già all’epoca degli Etruschi qui si producevano vini a dir poco innovativi, utilizzando cantine verticali scavate nella roccia e una sorta di “tecnologia” del freddo allora, invero, non esattamente ricercata.
La tradizione proseguì nel Medioevo e nel Rinascimento ed era apprezzata al punto che artisti come Pinturicchio e Luca Signorelli sceglievano di farsi pagare in vino le proprie commissioni. Tuttavia, da allora, quello che seguì fu un lento declino, interrotto solo negli anni Settanta dallo spirito rivoluzionario di Claudio Barbi, commerciante bresciano di vino che, nel 1973, fondò Decugnano dei Barbi.
«Durante una visita alla tenuta di Castello di Corbara, dove si produceva allora il miglior rosso della zona, mio padre e mio nonno scoprirono che la tenuta appena più in alto era in vendita: l’amore per l’Umbria e il potenziale dell’area fecero poi il resto» racconta Enzo Barbi, figlio di Claudio e oggi al timone della cantina. I primi vini dell’azienda, che oggi conta 32 ettari, uscirono nel 1978, mostrando subito un volto a dir poco innovativo: tra questi c’era infatti il primo spumante metodo classico della regione.
Da amante dei vini francesi, Claudio Barbi, scomparso nel 2019, nel 1981 diede anche vita al Pourriture Noble, il primo muffato italiano (vino dolce prodotto da uve attaccate da muffa nobile in stile Sauternes, a sud di Bordeaux) che avrebbe fatto scuola a Orvieto e nella valle del Tevere.
Oggi come ieri non sono poi mai mancati i classici bianchi di Orvieto da Grechetto e Procanico e i rossi da Sangiovese, Syrah e Montepulciano, per un parterre di assoluta territorialità. A prescindere dalle uve – confida Enzo – i nostri terreni sabbiosi e vulcanici danno sempre dei vini eleganti, sebbene le rese siano molto basse. Per il resto, continuo a sperimentare: tecniche, uve vigneti ecc. Perché questo territorio, come diceva mio padre, è ancora tutto da scoprire». La rivoluzione del vino a Orvieto continua, quindi, e a guidarla c’è sempre un Barbi.

Ultimo aggiornamento: Giovedì 2 Aprile 2020, 06:00
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