Samsung Note 7, ecco perché le batterie degli smartphone prendono fuoco

Samsung Note 7, ecco perché le batterie degli smartphone prendono fuoco

di Alessio Caprodossi
ROMA - Il troppio stroppia. Basterebbe l’antico proverbio per sintetizzare come e perché le batterie degli smartphone possono arrivare a esplodere. Si tratta di casi limite e circoscritti, ma talvolta può causare derive incredibili, come successo con il Galaxy Note 7 di Samsung. Salita alla ribalta dopo i primi problemi, l’azienda ha richiamato i pezzi già venduti sostituendo la batteria, che però ha continuato in alcuni casi a esplodere costringendo i coreani a bloccare la produzione del phablet top di gamma.



Un duro colpo (di immagine e profitti) che apre una questione delicata: perché le batterie esplodono? Non c’è un motivo unico, poiché all’interno delle batterie ci sono parti diverse che si azionano sia quando lo smartphone è in funzione, sia quando è in ricarica. La premessa d’obbligo è che le batterie agli ioni di litio sono utilizzate da decenni, e non solo nella telefonia mobile, un settore che ha vissuto profondi cambiamenti negli ultimissimi anni.

Con il mercato e/o le richieste dei consumatori di display sempre più grandi e processori sempre più veloci, i produttori hanno dovuto imprimere una svolta anche alle batterie. Nonostante le maggiori dimensioni degli schermi e gli sforzi dei chip richiedessero batterie più capienti, e quindi più grandi, l’input in nome dell'autonomia è stato l’opposto, forzando così una componente cruciale degli smartphone. Non a caso tutti i produttori investono tante risorse in ricerche oppure nel sostenere aziende e startup che sviluppano nuove tecnologiche per realizzare batterie.

 
 


Ma analizziamo i motivi che generano le esplosioni. Per capire bisogna sapere come funziona la batteria agli ioni di litio, dove tutto gira attorno a due conduttori elettrici opposti l’uno dall’altro: catodo e anodo, con il primo che ha carica positiva e l’altro carica negativa. Quando ricarichiamo lo smartphone gli ioni viaggiano verso l’anodo, mentre quando utilizziamo lo smartphone questi vanno verso il catodo.

A permettere lo spostamento sono gli elettroliti, che conducono la corrente agevolando i movimenti nelle due direzioni. Il passaggio fondamentale è che catodo e anodo non devono mai venire a contatto, compito che spetta a una barriera che evita il surriscaldamento e le potenziali anomalie della batteria. Stando a quanto detto da Samsung, è proprio questa barriera a non aver funzionato bloccando il passaggio di energia e scatenando una reazione a catena dovuta all’innalzamento della temperatura della batteria.

L’obiettivo di chi realizza una batteria è infatti dosare la combinazione di elettroliti per ridurre al minimo la loro instabilità. Che può generare un surriscaldamento anche durante le giornate molto soleggiate. Altre due insidie sono la sovraccarica e la ricarica veloce. Nel primo caso la spiegazione è elementare, poiché il cercare di abbattere continuamente i limiti spingendo verso una sempre maggiore autonomia a fronte di dimensioni sempre più compatte provoca la sovraccarica delle batterie, e quindi maggiori possibilità di problemi e malfunzionamenti.

Nel secondo caso, invece, l’incremento delle tecnologie per velocizzare la ricarica (utile per non restare senza smartphone) può portare a corto circuiti; costringere gli ioni a passare più rapidamente da una parte all’altra li priva dei tempi necessari per trovare il proprio posto quando arrivano nell’anodo o nel catodo, così si disperdono finendo per poggiarsi gli uni sugli altri creando appunto le condizioni per un corto circuito.
Non a caso molti produttori rifiutano caricatori non originali o compatibili, al fine di ridurre i rischi di instabilità degli ioni e quindi la vita della batteria.

Ultimo aggiornamento: Martedì 11 Ottobre 2016, 16:51
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