Levi, autore di 'In Treatment': "La versione italiana è la migliore. Sorrentino e Lynch? Due miracoli fuori serie"

Levi, autore di 'In Treatment': "La versione italiana è la migliore. Sorrentino e Lynch? Due miracoli fuori serie"

di Ilaria Ravarino
È stato il creatore di In Treatment, una delle serie tv più adattate della storia (ne esistono almeno una decina di versioni) e di The Affair, Golden Globe nel 2015. Al lavoro su un nuovo progetto per Hbo, lo scrittore israeliano Hagai Levi ha incontrato Leggo per parlare di serie tv: le migliori, le peggiori. E quelle in grado di «impallare» il sistema.

Le piace l'In Treatment italiano? 
«Molto, credo che sia la versione migliore. L'In Treatment originale, quello israeliano, aveva solo due stagioni: in tutti i paesi in cui ha avuto una terza stagione, come in Italia, in Brasile, in Argentina e negli Stati Uniti, le cose sono andate benissimo. La terza stagione è sempre quella più interessante, perché è la più originale». 

Come spiega il successo di In Treatment?
«L'ho scritto dieci anni fa, quando c'era meno competizione, meno dipendenza del pubblico dalle serie, meno ossessione per catturare l'attenzione dei telespettatori. Era l'epoca di serie come Six Feet Under o The Wire, di storie che parlavano di persone. Qualcosa di simile oggi? Rectify: ha bellissime atmosfere, ritmi lenti, sembra un film indie. Ho visto molte serie iniziare bene e poi perdersi, e tante altre trascinarsi di stagione in stagione, e rovinarsi, solo perché così vuole il sistema».

Ci sono troppe serie oggi?
«Non solo sono troppe, ma il 95% delle serie oggi appartiene allo stesso genere. Al cinema c'è più varietà. Oggi tutte le serie devono includere almeno un cadavere, qualche donna nuda e molto sesso. È come se al mondo si scrivessero solo thriller».

Poi però arrivano prodotti come Twin Peaks.
«Il primo Twin Peaks, negli anni 90, fu davvero rivoluzionario. Ma stavolta è solo un'eccezione che conferma la regola. Un caso raro, una specie di errore che impalla il sistema. Più che un errore, un miracolo».

E di The Young pope di Sorrentino cosa ne pensa?
«All'inizio ho avuto qualche difficoltà a seguirlo. Poi ho apprezzato la sua grande libertà di ispirazione. Come Twin Peaks, ha l'incanto di un prodotto realizzato fuori dal sistema.

A cosa sta lavorando?
«Su una serie per Hbo che sarà girata a marzo in Israele, e che per la prima volta sarà realizzata interamente in ebraico. Per me è il massimo: avrò libertà creativa, e in più il budget e il pubblico di Hbo. Si basa su un fatto realmente accaduto nel 2014, un'estate di sangue durante la quale i media furono monopolizzati dai rapimenti di alcuni bambini israeliani e arabi, proprio mentre iniziava la guerra a Gaza. Sarà una serie che avrà molto a che fare con le dinamiche globali dell'odio, e che farà molto discutere. Almeno lo spero».
Ultimo aggiornamento: Lunedì 18 Settembre 2017, 08:45
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