Trump, Melania resterà a New York con Barron: e la città teme il traffico

Niente Casa Bianca per Melania, resterà a New York: si teme il caos

di Anna Guaita

NEW YORK – I newyorchesi hanno accolto la notizia con scarso entusiasmo. Anche quelli che hanno votato per Trump sono già stanchi del traffico terribile che avviluppa il centro della città e rallenta ogni cosa. Ma tutti si consolavano all’idea che il 20 gennaio il presidente eletto si insedierà alla Casa Bianca e dunque si poteva prevedere che la pressione su New York sarebbe finita. Invece l’annuncio che Melania resterà a casa alla Trump Tower, fino a che il figlio Barron non avrà finito l’anno scolastico, fa presagire un protrarsi del caos. Intorno al palazzo di vetro sulla Quinta Avenue transenne e barriere di cemento incanalano i pedoni e il traffico, sotto l'occhio vigile di decine di poliziotti armati fino ai denti. Ma siamo proprio nel centro dello shopping elegante, vicini a Central Park, vicini a Rockefeller center e al suo albero di Natale, vicini alla Cattedrale di San Patrizio. L’ingorgo umano impedisce di passeggiare e soffermarsi a guardare le vetrine, mentre il rallentamento del traffico influenza a cascata il traffico nel resto della città.

La situazione non ha precedenti: l’unico altro presidente dell’età contemporanea che aveva casa in una grande città è stato Barack Obama. Ma dopo l’insediamento, otto anni fa, Obama non è praticamente mai tornato nella villa di Chicago, e comunque la casa si trova in un quartiere residenziale dove il dispiego di poliziotti e agenti del servizio segreto ha incomodato solo pochi vicini. Niente a che vedere con l’attico della Trump Tower, e il nodo quasi irrisolvibile del traffico di Manhattan.

Gli altri presidenti non hanno presentato simili problemi. Ronald Reagan aveva un ranch nelle colline vicino a Santa Barbara, in California: trecento ettari di prati e boschi che vennero soprannominati “la Casa Bianca del West”, dove non c’era nessun problema di creare ingorghi o disturbare i vicini. George Bush senior aveva una grande villa sul mare nel Maine, a Kennebunkport, protetta dalle onde dell'Oceano e dalle rocce.  Bill Clinton aveva vissuto per 12 anni nella magione del governatore a Little Rock, in Arkansas, e non aveva una casa sua, e comunque quando andava in vacanza sceglieva l’isola di Martha’s Vineyard, davanti alla costa del Massachusetts, creando disagio nella comunità, che però era formata quasi esclusivamente da turisti in vacanza. A sua volta, George Bush Junior aveva casa in un ranch del Texas, a Crawford, “nel mezzo del nulla”, come si lamentavano i giornalisti che dovevano seguirlo.

L’attico di Donald Trump invece è proprio nel cuore di Manhattan, i cui problemi di traffico sono ben noti. Ora poi che siamo vicini alla stagione delle feste, con la Festa del Ringraziamento il 24 novembre, che dà il via alle celebrazioni prenatalizie, il traffico peggiora già di per sé in modo epico. Una prova di quanto sarà difficile gestire una famiglia presidenziale divisa fra Washington e New York l’abbiamo avuta quando Donald Trump ha deciso di continuare le sue consultazioni con i possibili candidati alle posizioni chiave del suo Gabinetto trasferendosi per il fine settimana nel New Jersey. Per andare a Bedminster, dove possiede un lussuoso campo da golf completo di una elegante villa, Trump si è mosso – come richiede il rigidissimo protocollo del servizio segreto – con una “motorcade” di automobili, per la quale è stato chiuso il traffico lungo il Lincoln Tunnel, il principale tunnel che unisce Manhattan allo Stato dirimpettaio oltre il fiume Hudson. Migliaia di persone sono rimaste boccate nelle loro auto e a bordo di autobus, senza neanche sapere cosa stesse succedendo. Pochi sono stati comprensivi: “Sono arrivata al lavoro con un’ora di ritardo!” ha protestato ad esempio una giovane barista. “Ho votato per lui – ha detto una signora che andava a prender il marito in arrivo all’aeroporto di Newark -. Però spero che non continuerà così. Sarebbe intollerabile”.

C’è poi la questione dei costi: solo le ore di straordinario della polizia costeranno alla città cifre non indifferenti. E il sindaco Bill De Blasio, un democratico liberal che di Trump non è mai stato amico, non è affatto disposto a lasciar correre: “Chiederemo il rimborso delle spese al governo di Washington” ha promesso.


 
Ultimo aggiornamento: Lunedì 21 Novembre 2016, 09:54
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