I Sioux vincono la battaglia contro l'oleodotto ma Trump gela tutti: “Decido io”

I Sioux vincono la battaglia contro l'oleodotto ma Trump gela tutti: “Decido io”

di Stefania Cigarini
Da un lato della piana di Sacred stone, in North Dakota, ci sono 280 tribù di indiani - Sioux, Oglala Lakota, Navajo, Seneca, Onondaga, Anishinaabe - accampate da giorni. Migliaia di individui - il più vasto raduno di nativi dopo Little Big Horn, l’hanno ribattezzato i media - arrivati fin qui da tutti gli States, ma anche da Perù e Nuova Zelanda.

Cultori della Madre Terra, protestano per bloccare un oleodotto. Dall’altra parte di Sacred stone ci sono i Caterpillar della Dallas Energy Transfer Partners e il suo oleodotto - Dakota Access - un investimento da 3,7 miliardi di dollari destinato a portare, dal North Dakota all’Illinois, 550 mila barili di greggio al giorno. Il problema è che il Dakota Access, oltre ad attraversare zone sacre agli indiani, minaccia di inquinare le falde acquifere e una natura ancora intatta.

Il Genio militare, interpellato dal presidente uscente Barak Obama, che ha chiesto una revisione del progetto, ha indagato. E, ieri, ha sentenziato: il percorso dell’oleodotto è da bocciare, troppi rischi, bisogna studiare percorsi alternativi. Tokala Ohitika (Volpe Coraggiosa), il capo della protesta, ha incassato il punto a favore e gioito con moderazione. Dalla Energy Transfer hanno fatto sapere che, Genio o non Genio, di cambiare percorso non se ne parla neppure e che l’oleodotto è una straordinaria opportunità di sviluppo per quelle lande sperdute.

La tregua durerà fino al 20 gennaio, giornata di insediamento alla guida Usa di Donald Trump, che ha promesso di intervenire sulla questione. Il neo-presidente possiede azioni per 100-250 mila dollari in società riconducibili all’oleodotto Dakota Access. La battaglia, a quanto pare, non è ancora iniziata.
Ultimo aggiornamento: Martedì 6 Dicembre 2016, 08:41
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