Dopo lo smog "Uscimmo a riveder le stelle"
di Gigi Padovani
Il mio ultimo libro si intitola appunto Slow Food. Storia di un’utopia possibile: partendo dalla storia di un movimento nato a Bra nel 1986 e uscito allo scoperto con il “manifesto dello Slow-food” pubblicato dal Gambero Rosso (settimanale di otto pagine all’interno del quotidiano il manifesto) cerca di delineare, nelle parole di Carlin, un futuro in cui una maggiore attenzione a ciò che mangiamo riesca a salvare la Terra dal disastro. Dice Petrini: «un ambientalista non gastronomo è triste, un gastronomo non ambientalista è sciocco». Se mangiare è un atto agricolo, se la biodiversità e il cambiamento climatico dipendono da come ci nutriamo – agricoltura industriale e spreco scandaloso di cibo – le idee di Slow Food e gli obiettivi di Terra Madre diventano un’utopia “possibile”, con un po’ di buon senso e buona volontà.
Resta però il fatto che invece il futuro è immaginato in modo davvero angosciante. Il film-sequel di Denis Villeneuve, con un bravissimo Ryan Gosling nel ruolo di un replicante-poliziotto, ci mostra una Los Angeles di metà secolo in cui la Terra è priva di risorse, si sopravvive in terribili condizioni mangiando insetti o cibo liofilizzato e le poche coltivazioni sono in serra, perché l’aria è irrespirabile. Il global warming, la siccità, gli uragani disastrosi e perfino certe eruzioni violente ci paiono dire che quel futuro distopico è forse meno immaginario di quanto possiamo oggi pensare.
Anche il romanzo di Renata Stoisa, una ex docente che ha scritto anche saggi storici, ci offre una Torino del 2033, fredda e buia, in cui si muovono i personaggi descritti con acutezza psicologica appartenenti a due famiglie, i Lucilli e i Ceraolo, che cercano di reagire alle difficoltà come meglio possono. Che cosa è successo? Una spaventosa eruzione del vulcano Katmai (si trova in Alaska) nel 2020 sconvolge il pianeta, provocando sull’Europa e sul Nord America un mutamento climatico spaventoso: un cielo reso opaco dalle polveri, con neve e gelo a far da padroni tutto l’anno e temperature che d’estate non superano i 15 gradi. L’accoppiata tra l’eruzione, il cambiamento climatico e un disastroso terremoto fa poi crollare l’economia e porta il mondo a un black out energetico, informatico e finanziario.
Così tredici anni dopo la Torino immaginata dalla Stoisa è cupa e grigia, con analisti finanziari che si improvvisano – per loro fortuna – agricoltori, un governo regionale che si riunisce a Palazzo Madama decidendo di decimare i più deboli negli ospedali (con una forma di eutanasia strisciante e terribile) per mancanza di medicine, un docente universitario alla ricerca dei modelli matematici corretti per indovinare lo scioglimento dei ghiacci. Non voglio svelare la trama e il finale “non distopico”, ma in Uscimmo a riveder le stelle c’è per fortuna anche il lume della speranza: quella di un futuro in cui le nebbie si diradano e torna a splendere il sole. Come è successo stamattina, dopo il
blocco del traffico a Torino. Consiglio finale: leggete il libro di Stoisa, evitate il film. E non dimenticate gli obiettivi “possibili” di Terra Madre e Carlin.
Ultimo aggiornamento: Lunedì 23 Ottobre 2017, 18:19
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