Stuprarono una 15enne a Marechiaro, il capo del branco: "Mi odio per ciò che ho fatto"

Stuprarono una 15enne a Marechiaro, il capo del branco: "Mi odio per ciò che ho fatto"

di Leandro Del Gaudio
«Devo ammettere che solo dopo averti rivisto in Tribunale e aver sentito quello che hai vissuto mi sono reso conto dell'orribile gesto che ho commesso. Non lo dimenticherò mai, ti ho trattata come un oggetto senza pensare alle conseguenze... non so cosa mi sia preso. Purtroppo, l'errore commesso non lo posso cancellare, ma sono disposto a fare tutto il possibile per rimediare. Io non sono uno stupratore e non sono un ragazzo violento e ora credimi mi odio da solo per quello che ho fatto a te e alla tua famiglia che ho visto in Tribunale accanto a te, che soffre come ora sta soffrendo la mia famiglia. Ti scrivo questa lettera senza pretesa di avere ora il tuo perdono, ma sperando di potermela guadagnare con il tempo con l'aiuto delle persone che sono qui accanto a me nella comunità di recupero. Spero che l'ammissione della mia responsabilità serva anche ad evitare che su facebook ti attacchino perché è colpa mia se la gente ha pensato male di te. Anche io ho una sorella e una madre, chiedo scusa anche alla tua famiglia, anche se so che non mi perdoneranno mai. Ti auguro il meglio».

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È una sintesi della lettera spedita dal legale di uno dei tre minorenni arrestati per violenza sessuale nei confronti di una ragazzina di 15 anni. Fatti ormai raccontati, che risalgono a una domenica di fine maggio a Marechiaro, quando un gruppo di cinque ragazzini circonda e immobilizza la piccola e la costringe a subire violenza sessuale. In tre vengono arrestati, altri due invece la fanno franca, non avendo svolto alcuna azione concreta in danno della minore. Difesi dal penalista napoletano Matteo De Luca, i tre minori finiti in tre comunità differenti ora provano a chiedere perdono alla vittima. A muoversi per ora, è quello maggiormente gravato dalle accuse della parte offesa: si tratta del minore che avrebbe finto di soccorrere la ragazzina dalla morsa dei suoi amici, salvo costringerla in un secondo momento a subire altre violenze. Parole spedite all'avvocato Gianfranco Imer, che cura gli interessi della ragazzina, nel tentativo di riproporre sotto una luce diversa la propria condotta, alla luce dei primi giorni di arresti trascorsi in una comunità.

Un caso che ripropone l'attenzione sulla violenza di genere, ma anche sulla nuova frontiera di atti persecutori che si alimenta del circuito social. Come è noto, al di là dell'aggressione fisica, la ragazzina ha dovuto sopportare anche una serie di minacce passate attraverso facebook, ingiurie e intimidazioni da parte del branco. Stando alla ricostruzione della Procura dei minori, c'è chi ha cercato di impedire alla ragazzina di ricostruire volti e responsabilità di «quell'orribile gesto» di cui uno dei tre sembra oggi vergognarsi.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 19 Ottobre 2017, 17:02
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