Mina, torturata e uccisa a 22 anni perché fidanzata di un camorrista: "Tredici anni dopo manca ancora giustizia"

Mina, torturata e uccisa a 22 anni perché fidanzata di un camorrista: "Tredici anni dopo manca ancora giustizia"

di Giuliana Covella
«A 13 anni dalla morte di mia sorella è avvilente constatare che a Scampia non è cambiato nulla. Le lotte tra clan avversi portano a nuovi morti e il sacrificio di una ragazza innocente, torturata e ammazzata a soli 22 anni perché era l'ex fidanzata di un camorrista, continua a essere dimenticato». A parlare è Francesco Verde, fratello di Gelsomina, una delle prime vittime innocenti della faida di Scampia. La sua storia torna alla ribalta dopo l'agguato di due giorni fa che ha visto finire nella traiettoria dei proiettili dei killer il 21enne Nicola Notturno. 

Ma qual è il legame tra il 21enne ammazzato lunedì scorso e la 22enne uccisa il 21 novembre del 2004? Nicola era il nipote di Gennaro Notturno detto o Sarracino, lo scissionista del clan Di Lauro che era stato fidanzato con Gelsomina Verde, pochi anni prima che la ragazza venisse trucidata. Un legame che costò caro alla giovane, seppure lei stessa lo avesse interrotto già da tempo. «Per la morte di mia sorella stanno scontando la loro pena solo due persone: Ugo De Lucia (condannato all'ergastolo come esecutore materiale) e Pietro Esposito (collaboratore di giustizia condannato a 7 anni e 4 mesi di reclusione). Invece altre 7 persone coinvolte, secondo le dichiarazioni di diversi pentiti, sono a piede libero». 

Il corpo della donna, uccisa con tre colpi di pistola alla nuca dopo ore di tortura, fu bruciato per nascondere i terribili segni della violenza inferta. Segni che impressionarono lo stesso pm che seguì all'epoca le indagini, Giovanni Corona, il quale definì il delitto un «orrore senza fine». Nel 2008 poi Cosimo Di Lauro fu condannato a 35 anni perché ritenuto il mandante dell'omicidio. Nel 2010 il boss, pur non ammettendo la propria responsabilità nell'organizzazione del delitto, risarcì la famiglia Verde con la somma di 300mila euro. Motivo per cui i familiari della vittima rinunciarono a costituirsi parte civile nei successivi gradi di giudizio. Ma nel 2012 Di Lauro fu prosciolto da ogni accusa. 

Eppure Gelsomina era del tutto estranea alle logiche di camorra. Era una giovane operaia, che dedicava parte del suo tempo a fare volontariato ai bambini della periferia nord, alle mogli dei carcerati e agli anziani. La sua unica colpa fu il legame sentimentale avuto anni prima con Gennaro Notturno, appartenente ai cosiddetti scissionisti e per questo divenuto acerrimo nemico dei Di Lauro, che decisero per una vendetta trasversale: la morte dell'ex fidanzata. «La morte di Gelsomina non ha ancora avuto giustizia - aggiunge il fratello - e io e la mia famiglia abbiamo perso le speranze. L'unico modo per ricordarla è andare a parlarne nelle scuole». 
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 20 Settembre 2017, 15:02
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