"Ho ucciso mio figlio ma non so come", papà ammette. Poi arriva l'avvocato e tace

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di Federica Serfilippi
CUPRAMONTANA - È successo tutto in pochi minuti. Una sequenza di follia che si apre con la scena di un giovane papà che esce di casa con suo figlio, 5 anni, per fare una passeggiata in auto. Il piccolo pensava che la Toyota Yaris verde parcheggiata davanti casa, in via Bonanni, potesse portarlo lontano o magari condurlo verso un semplice giro attorno a Cupramontana. Invece, sul sedile posteriore di quella maledetta vettura, il piccolo Hamid ha trovato la morte.

Per gli inquirenti, la sua vita sarebbe stata portata via poco dopo essere salito in auto. Come se il padre, il 26enne macedone Besart Imeri, fosse uscito proprio con l’intenzione di ucciderlo. È con l’ipotesi di omicidio volontario aggravato dal legame di parentela che lo straniero si trova da ieri mattina all’alba recluso nel carcere di Montacuto. C’è finito al termine di un interrogatorio iniziato la sera di giovedì e terminato il giorno dopo. L’uomo è entrato nella caserma locale dei carabinieri come persona informata sui fatti ed è uscito come il solo indagato per la morte di suo figlio. Un bimbo, secondo le ipotesi della procura, a cui avrebbe tolto la vita strozzandolo, forse a mani nude, mentre si trovava in auto, posta sotto sequestro per volere del pm Valentina Bavai dai militari del Nucleo Investigativo di Ancona, supportati nelle indagini dai colleghi della Compagnia di Fabriano e della stazione di Cupramontana.

 

La confessione
Besart, disoccupato da qualche mese dopo aver perso il lavoro da saldatore in un’azienda della Vallesina, avrebbe confessato l’atroce delitto davanti ai carabinieri. Poche parole sussurrate che, però, il 26enne non ha ripetuto quando la sua condizione è cambiata. All’arrivo dell’avvocato Raffaele Sebastianelli, il macedone non ha più risposto alle domande degli inquirenti. Proprio a causa dell’assenza del legale, la dichiarazione confessoria risulta inutilizzabile da un punto di vista probatorio. Nonostante questo, i primi indizi di colpevolezza raccolti sono stati tali da spedirlo in una cella di Montacuto. Fin da subito, i sospetti della procura si sono indirizzati verso il macedone. Per gli inquirenti, la dinamica della tragedia ha dei contorni abbastanza chiari. Attorno alle 18, Besart è uscito da casa con il bimbo. «Vado a fare una passeggiata» avrebbe detto ai suo familiari (in via Bonanni vivono anche i fratelli e i genitori). Il tempo di arrivare in auto e poi si è delineato quello che la magistratura tende a etichettare come un omicidio.

I soccorsi
Dopo lo strangolamento, sarebbe stato lo stesso Besart chiedere aiuto ai suoi parenti che sono corsi in strada. C’è stato un primo tentativo di soccorso, poi Hamid è stato portato a casa. Qui è stato allertato il 118. Ma quando gli operatori della Croce verde e il medico inviato dalla centrale sono arrivati, per Hamid non c’era più nulla da fare. Sono stati i sanitari a chiamare i carabinieri perché qualcosa non quadrava sul corpicino del piccolo. Sarà l’autopsia, non ancora fissata, a stabilire con precisione le cause della morte del bambino. Un decesso i cui motivi restano ancora chiusi nell’ombra. Besart, durante l’interrogatorio, non avrebbe saputo spiegare in maniera razionale il contesto in cui è maturato il delitto. Di certo c’è che l’uomo era entrato in una fase depressiva dopo la perdita del lavoro. Una situazione che, stando a uno dei suoi profili Facebook, l’aveva spinto sempre di più verso la religione. Musulmano come tutta la sua famiglia, da alcuni mesi il 24enne si sarebbe sempre di più avvicinato alla fede, postando sulla sua bacheca continui rimandi ad Allah e al Corano.

La fede in Allah
«Solo il paradiso regola la crisi morale» si legge in un post condiviso dal profilo di Besart (dove non compare mai la sua foto, ma tutti gli elementi sono riconducibili alla sua persona, come il riferimento a Gostivar, la sua città natale) il 7 dicembre tramite un video postato da un cantante che suona in nome di Dio. Il movente è da cercare nel passato più prossimo di Besart, forse all’interno delle mura domestiche, nei rapporti interpersonali con i familiari, ma non in problemi di natura economica. Quelli non ci sarebbero stati. «La vicenda – ha detto il difensore – è ancora tutta da chiarire. C’è un bambino piccolo da preservare (il fratello minore di Hamid, ndr) e una donna incinta. Prima di andare in carcere, il mio cliente era un misto di rassegnazione e sconforto. Lo vedrò al più presto». La convalida del fermo si terrà domani alle 9.15. 
Ultimo aggiornamento: Sabato 6 Gennaio 2018, 16:10
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