Iran, proteste e sangue: 23 morti. E per gli arrestati rischio pena di morte

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Ancora proteste e sangue in Iran. Sono almeno 23 le persone che hanno perso la vita finora nelle proteste antigovernative in Iran: lo riportano media statali. Sei dimostranti sono stati uccisi durante un attacco a una stazione di polizia a Qahdarijan. Gli scontri sono iniziati quando i dimostranti hanno cercato di rubare armi dalla stazione di polizia. Il presidente Hassan Rohani ha fatto appello all'unità contro un «piccolo gruppo di violenti», mentre il president eamericano Donald Trump è tornato ad attaccare Teheran: «È ora di cambiare».

Sono almeno 450 poi le persone arrestate negli ultimi tre giorni: lo riferisce l'agenzia di stampa iraniana Ilna citando dati confermati dalle autorità locali. Secondo Ali Asghar Naserbakht, vice governatore della provincia di Teheran, 200 persone sono finite in manette sabato scorso, 150 sono state arrestate domenica e 100 ieri nel quinto giorno di proteste antigovernative.

E mentre Trump continua a twittare in sostegno ai dimostranti suscitando le reazioni indispettite di Teheran, lunedì in serata è intervenuta anche l'Unione europea attraverso la portavoce dell'Alto Rappresentante per la politica estera dell'Ue, Federica Mogherini: «Siamo stati in contatto con le autorità iraniane e ci aspettiamo che il diritto a manifestare pacificamente e la libertà di espressione siano garantiti, come conseguenza delle dichiarazioni pubbliche del presidente Rohani». Appelli simili sono stati lanciati anche dal ministro degli Esteri italiano, Angelino Alfano, e dal suo collega tedesco, Sigmar Gabriel.

Al quinto giorno di proteste, Rohani ha lanciato ieri un appello all'unità tra «governo, parlamento, giustizia e esercito» per tutelare gli «interessi nazionali» contro quello che ha definito un «piccolo gruppo che grida slogan illegali, insulta la religione e i valori della rivoluzione islamica». La tv di Stato ha però parlato di scontri diffusi, con vittime a Tuyserkan, Shahinshahr, e altre fonti parlano di analoghe manifestazioni a Izeh, oltre che nella capitale Teheran.

La notte scorsa, le forze di sicurezza hanno respinto «dimostranti armati» che cercavano di prendere d'assalto stazioni di polizia e basi militari. La tv di Stato ha mostrato le immagini di banche private assaltate, vetrine sfondate, automobili rovesciate e incendiate, così come un camion dei vigili del fuoco.

«Alcuni degli arrestati hanno confessato di essere stati guidati dall'estero per creare disordini. Abbiamo le prove dell'interferenza dell'Arabia Saudita», ha reso noto il governatore della provincia centrale dell' Iran, Ali Aghazadeh, che i fermati «hanno legami con alcuni paesi stranieri, soprattutto con gli Usa e il regime sionista».

Frattanto, dal suo resort di lusso in Florida, il presidente americano Donald Trump continua a incitare i manifestanti. «L'Iran sta fallendo ad ogni livello nonostante il terribile accordo fatto con l'amministrazione Obama», ha scritto anche oggi su Twitter, aggiungendo che «il grande popolo iraniano» è «affamato di cibo e libertà. La ricchezza iraniana è stata saccheggiata» e, in lettere maiuscole, «è ora di cambiare».

Il presidente Rohani gli ha risposto affermando che «gli americani sono arrabbiati perché i loro tentativi contro» l'accordo sul nucleare «sono falliti di fronte alla resistenza internazionale. Inoltre non possono sopportare il successo dell' Iran nella lotta al terrorismo e nel rafforzamento della stabilità regionale, specialmente in Siria, Iraq e Libano. Quindi è chiaro che tramano contro l'Iran». Rohani aveva però anche ammesso ieri, nel suo primo intervento dall'inizio delle proteste, che «il popolo iraniano è libero di manifestare» le sue preoccupazioni, basta che le proteste, nate contro il carovita, «siano autorizzate e legali». «Una cosa è la critica - aveva detto - un'altra la violenza e la distruzione della proprietà pubblica». E ha poi aggiunto: «La nostra grande Nazione ha assistito a una serie di incidenti simili in passato, e li ha gestiti in modo adeguato. Questo non è niente». Parole che appaiono che un severo monito, considerato che le manifestazioni seguite alle controverse elezioni presidenziali del 2009, quando milioni di persone marciarono nelle strade per protestare contro la rielezione di Mahmoud Ahmadinejad, vennero brutalmente represse. 

ARRESTATI RISCHIANO PENA DI MORTE l capo della Corte Rivoluzionaria della provincia di Teheran, Moussa Ghazanfarabad, ha detto oggi che alcune delle persone arrestate durante le proteste nel Paese potrebbero essere accusate di 'Muharebeh' (guerra contro Dio), un reato che prevede la pena di morte.
Ultimo aggiornamento: Martedì 2 Gennaio 2018, 13:25
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