Parla Sollecito: "La mia famiglia fatta a pezzi.
Mi sento come un sequestrato tornato libero"

Parla Sollecito: "La mia famiglia fatta a pezzi. Non chiamatemi più assassino. Con Amanda solo rapporto affettuoso"
ROMA - «Adesso, dopo sette anni e cinque mesi di sofferenze indicibili, non chiamatemi più assassino». È una delle prime cose che dice Raffaele Sollecito nella affollatissima conferenza stampa che ha convocato per parlare dei suoi «stati d'animo e non di questioni processuali».



In una delle sale del Centro congressi Cavour, vicino alla stazione Termini, il giovane pugliese che da venerdì scorso, giorno della definitiva assoluzione sua e di Amanda Knox, è «rinato», si è presentato con gli avvocati Giulia Bongiorno, Luca Maori e Francesco Mastro. Insieme a lui anche il padre Francesco e la sorella Vanessa.



La premessa è di Bongiorno: «non si tratta di una conferenza stampa 'tecnica' perché Sollecito non ha più bisogno di difesa. È solo un contributo informativo, un incontro con i giornalisti visto che altrimenti non lo lasciate vivere». «Oggi non intendiamo rifare il processo», avverte. «Mi sento come un sequestrato che dopo sette anni e cinque mesi torna alla libertà, dopo essere stato additato come un assassino senza uno straccio di prova, e dopo che la mia famiglia è stata fatta a pezzi per nulla», spiega Sollecito. Dice di non aver avuto dubbi sul fatto che alla fine sarebbe stato assolto, anche se, a quanto si è appreso, era pronto a consegnarsi nel carcere di Trani in caso di condanna.



«Questa vicenda per forza doveva finire così. Ovviamente avevo molta, molta paura», ammette Sollecito. «Il momento più bello è stato quando mia sorella mi ha chiamato per dirmi che ero stato assolto. Ora torno alla mia normale esistenza», si augura questo ragazzo che ha passato quattro anni in carcere con l'accusa di aver ucciso all'inizio di novembre del 2007 Meredith Kercher, la studentessa inglese che viveva insieme ad Amanda a Perugia. Sollecito ha «una lista infinita di momenti brutti» impressi nella mente. Tra i ricordi più angoscianti c'è «il momento del mio arresto» e poi quando la Cassazione «ha annullato la prima assoluzione».



«Non dimentico nemmeno - prosegue Raffaele con la voce composta, quasi monocorde, e l'accento della sua terra - quando nelle carte processuali ho trovato tante offese gravissime nei confronti dei mie familiari. Non mi spiego tanto odio». Poi il suo rapporto con Amanda, spiega che è stata «una semplice storia di affetto tra due adolescenti. Le auguro ogni bene. Forse un giorno scriverò un libro su quello che mi è successo». Non ha nessun particolare desiderio di vedere la Knox, che ha sentito brevemente al telefono, e non sa «se questo mai succederà». Da due anni ha «una relazione» con Greta, la hostess trevigiana conosciuta in aereo.



Raffaele vuole solo «vivere e dimenticare», anche se è consapevole che «la ferita non si rimarginerà mai».
Ringrazia i giudici che «hanno creduto in lui» pur sentendo ancora il carico del «dolore» sopportato da «innocente». Ci tiene a dichiarare che «se guardo all'esito finale, dico che la giustizia ha funzionato». Pallido come sempre, il viso grazioso da ragazzino che non cresce, Sollecito avverte: «d'ora in poi non accetto più che nessuno mi definisca assassino o sospettato, e apprezzerei che nei talk show tutti si attenessero ai fatti».








Alla famiglia Kercher - che ha potuto vedere la conferenza stampa in diretta sui canali inglesi 'all news' - Sollecito dice «mi rattrista che siano dispiaciuti per la mia assoluzione, ma questa sentenza è la verità processuale dei fatti». È suo padre Francesco a chiedere a Rudy Guede - l'ivoriano in carcere per l'omicidio di 'Mez' - di dire finalmente la verità: «lo deve alla famiglia Kercher, non ha nessun motivo per tacere». Per ora la difesa di Sollecito non ha annunciato nessuna nuova mossa, sta valutando se chiedere l'indennizzo per l'ingiusta detenzione ed esclude l'azione per la responsabilità civile dei giudici che lo hanno condannato. Meglio aspettare quando la Cassazione depositerà le motivazioni del suo verdetto.
Ultimo aggiornamento: Martedì 31 Marzo 2015, 10:00
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