Costa Concordia: quell'inchino maledetto,
fece 32 morti -Foto
Dalla 'scatola nera' è poi emerso che nessuno si oppose alla 'rottà ravvicinata all'isola impostata da Schettino. In quelle ore in plancia la situazione era calma, a parte la presenza di tre personaggi arrivati da pochi minuti, estranei alla navigazione, che stavano sulla porta: la ballerina moldava Domnica Cermotan, il direttore dell'hotel di bordo Manrico Giampedroni, il maitre Antonello Tievoli, gigliese di origine. Chiacchieravano fra loro, e forse disturbavano gli ufficiali. Mentre la nave si avvicinava, Schettino impartiva ordini precisi, poi ecco lo scoglio ma quando se ne accorse era troppo tardi, non poteva più evitarlo. Si scatenò il caos: la nave fu squarciata su un fianco per decine di metri, imbarcò acqua e i motori andarono fuori uso.
Gli allarmi di bordo coprivano le frasi, sempre più concitate, con cui dalla plancia ci si accertava del danno, mentre il comandante tentava di far manovrare la nave con le macchine orami fuori uso. A bordo fu il panico per 4.229 persone, tra passeggeri e equipaggio. Alle 21.56 Schettino chiamò il capo dell'unità di crisi Roberto Ferrarini dicendo: «Ho fatto un casino! Sono passato sotto al Giglio». Intanto si ordinava di «chiudere le porte stagne». Il disastro era ormai consumato, Schettino si informava con i suoi ufficiali e indugiava a dare l'ordine di «abbandono nave». Seguirono ore drammatiche, con quel perentorio ordine dato a Schettino da Gregorio De Falco, comandante della capitaneria di Livorno, quel 'vada a bordo, c....', frase che subito diventerà oggetto di ironie feroci sul web e che sarà destinata a fare il giro del mondo. Il naufragio porterà la Costa Concordia ad adagiarsi davanti al porto dell'isola. Pesantissimo il bilancio: 32 le vittime di cui una ancora dispersa, migliaia i naufraghi a cui i soccorritori e gli abitanti del Giglio offrirono conforto e riparo.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 23 Luglio 2014, 14:10
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