Franco Di Mare morto, la denuncia contro la Rai e la pratica ferma all'Inail per chiedere di collegare il tumore al suo lavoro di inviato

L'ex direttore di Raitre aveva un mesotelioma: sosteneva di averlo contratto respirando amianto come inviato nelle zone di conflitto

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Aveva dato una doppia intervista, a un quotidiano e a una tv, per denunciare la Rai, l'azienda per cui aveva lavorato una vita come giornalista e come direttore di rete (Rai3). Era fine aprile, appena un paio di settimane fa, Franco Di Mare, morto a 68 anni, aveva detto al Corsera e in trasmissione da Fazio (aveva i tubicini con l'ossigeno che aiutano a respirare) che si era ammalato: un tumore raro, un mesotelioma che avrebbe contratto durante le missioni di guerra, seguite da inviato per la Rai. Durante  questi viaggi, ha detto, era entrato in contatto con l’amianto, sostanza tossica che può provocare appunto questo tipo di cancro molto aggressivo.

Franco di Mare, richiesta di danni alla Rai per le missioni di guerra e la pratica ferma all'Inail

Di Mare aveva chiesto di ottenere lo «stato di servizio», una certificazione nero su bianco dell'esposizione all'amianto per le missioni effettuate come giornalista. Un documento necessario a collegare la diagnosi al suo lavoro di inviato e di chiedere poi i danni. Di Mare infatti aveva chiesto dei soldi come risarcimento. 

Il giornalista che era in pensione dall'anno scorso ha scoperto la malattia nel 2021: «Mi sono piegato in avanti, muto, con le mani sulla testa», aveva raccontato a Giovanna Cavalli il momento della diagnosi. 

Del suo caso si stavano occupando i massimi vertici Rai: l’ad Roberto Sergio e anche il dg Giampaolo Rossi, che in una nota avevano risposto sgomenti di essere venuti «solo da poco a conoscenza della drammatica vicenda» e avevano «assicurato la loro massima disponibilità a fare tutto il possibile per consentire al giornalista di ricostruire quanto da lui richiesto».

La pratica era ferma all’Inail, l’ente che collega il lavoro alla malattia insorta. E la certificazione Inail era indispensabile per poter liquidare quanto richiesto al giornalista.

La Rai è un'azienda pubblica e per poter erogare questi soldi ha bisogno di certificazioni molto precise altrimenti incorre in un danno erariale. E però non si muoveva nulla, ragion per cui Di Mare aveva deciso di dare la notizia della sua malattia pubblicamente e di denunciare questo intoppo legale.

I suoi avvocati, intanto, avevano sollecitato la Rai a inviare un medico legale che accertasse la malattia. Ma la pratica era ed è rimasta, come detto, in sospeso. Il giornalista purtroppo è morto oggi. 

A contribuire alla stasi è stato un particolare anche cronologico: gli uffici dell'Inail sono venuti a conoscenza del caso solo a fine ottobre 2023, durante il passaggio della tutela dall'Inpgi, l'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani, a all'Inail.

L’Inail non ha potuto prendere in carico il caso di Franco Di Mare, perché era “persona non tutelata” ai sensi della normativa Inpgi. «Le malattie dei professionisti dell’informazione titolari di un rapporto di lavoro subordinato – aveva spiegato l’Inail – sono tutelate solo dall’inizio del 2024, dopo la fine del periodo transitorio di passaggio dalla tutela dell’Inpgi a quella dell’Istituto». Ecco perché l'Inail, spiegava lo stesso istituto - non era legittimato ad accertare il nesso causale tra malattia e lavoro da inviato né a rilasciare la certificazione che ne chiedeva la correlazione.


Ultimo aggiornamento: Venerdì 17 Maggio 2024, 18:45
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